Sono un’infermiera.
Sono un’infermiera chiusa da quasi 20 giorni in camera mia, senza avere contatti con i miei famigliari.
Sono un’infermiera chiusa da quasi 20 giorni in camera mia, senza avere contatti con i miei famigliari, perché ho avuto dei contatti “non protetti” con persone sicuramente positive al coronavirus e perché circa 15 giorni fa ho iniziato a manifestare i sintomi tipici del covid19.
Sono tutte queste cose, ma, ad oggi, non posso dire di essere positiva al SARS-CoV-2 perché non sono ancora stata sottoposta ad un tampone nonostante la richiesta sia stata inviata alle autorità competenti appena sono cominciati i sintomi (il 28/03/2020, per la precisione).
Sono positiva? Lo sono mai stata? Mi sono negativizzata? Quando potrò uscire da questa stanza? Boh, non lo so.
E la cosa preoccupante è che non sono un caso isolato, ma anche alcune mie colleghe sono nella mia stessa situazione… e chissà quanti altri sanitari in tutto lo Stato.
Siamo in un limbo, in attesa di accertamenti per cui avremmo dovuto avere la priorità: sia perché siamo venuti a contatto con pazienti positivi al tampone e sia perché dovremmo essere quelli che (una volta ripresi fisicamente e accertatamente negativizzati) dovrebbero contribuire in prima linea alla lotta contro questo schifo.
Perché questi ritardi? Non lo sapremo mai.
Personalmente, fortunatamente, sto meglio.
I sintomi sono quasi del tutto spariti, ma la loro scomparsa non è detto che coincida con la guarigione: potrei ancora infettare chi è attorno a me nonostante mi senta “bene”.
Perciò vi chiedo, per favore, di non mollare.
Non mollate, perché già è un casino così e se si aggiungono altri ipotetici casi non ce ne asciughiamo più gli occhi: per un tampone quanto bisognerà aspettare? Un mese?
Finché non si prova sulla propria pelle non si può capire, è vero, ma fidatevi.
Ho 24 anni, sono in buona salute e fortunatamente ho avuto sintomi lievi rispetto a chi è ricoverato in terapia intensiva, ma è bruttissimo avere la sensazione di non riuscire a respirare perché senti un macigno sul petto.
È bruttissimo avere la sensazione di essere sott’acqua e pensare “se non riemergo soffoco” mentre invece sei distesa sul tuo letto e hai questa percezione ad ogni singolo respiro.
È bruttissimo avere i muscoli in fiamme.
E’ bruttissimo avere il fiatone per aver camminato fino al bagno.
E’ bruttissimo vivere in una bolla, perché hai paura di contagiare la tua famiglia e allora te ne stai chiusa in camera h24, senza avere contatti a meno di 4m di distanza, per venti giorni.
E se già i test non vengono fatti al personale sanitario, non oso immaginare alle “persone comuni” che non richiedono ospedalizzazione.
Voi che potete, state attenti. Nessuno è immune.
Cercate di non uscire, di rispettare la distanza di sicurezza. Mettete o non mettete i guanti, fate cosa volete: l’importante è che non vi tocchiate il viso e che vi laviate le mani il più spesso possibile.
Indossate la mascherina, possibilmente senza valvola, per tutelare anche il prossimo.
Aiutiamoci, perché altrimenti non ne usciamo più.


