Dopo uno dei servizi più bassi mai andato in onda nella storia di un programma che certo non spicca per qualità e cultura, Michelle Hunziker se ne esce su Instagram con una giustificazione tra il vergognoso e surreale.
“Ciao ragazzi, ho visto che si è alzato un polverone incredibile di una fake news – ha scritto – Dicono che noi abbiamo offeso pesantemente una giornalista che si chiama Giovanna Botteri. Cosa assolutamente non vera perché noi di Striscia abbiamo mandato in onda un servizio a favore di questa giornalista, dicendo che tanti media e molti social l’hanno presa in giro per il suo look e invece noi prendiamo atto del fatto che si è fatta un’ottima messa in piega.“
Cara Michelle, quella “giornalista che si chiama Giovanna Botteri”, mentre tu – legittimamente – commentavi le papere su Canale 5, nel 1991 era in Russia per raccontare il crollo dell’Unione Sovietica e in Croazia per lo scoppio della guera d’indipendenza. È stata inviata speciale per oltre un lustro sotto le bombe nell’ex Jugoslavia. È stata in Iran, Sud Africa, Algeria, ha raccontato in diretta il dramma dell’esodo albanese, ha seguito il G8 di Genova, la guerra in Afghanistan, la Seconda guerra del Golfo, la presa di Baghdad e il rovesciamento di Saddam Hussein. Nei successivi 12 anni è stata corrispondente Rai negli Stati Uniti. Infine, a 61 anni, mentre altri colleghi sono pronti a ritirarsi, ha accettato l’ultima grande sfida della carriera: raccontare la Cina da Pechino, ritrovandosi nel bel mezzo della più grande pandemia globale della storia recente. Guardandola e mostrandocela coi propri occhi, dal di dentro, come ha sempre fatto, in oltre 30 anni di straordinaria carriera, con una professionalità, una capacità di raccontare e un’empatia – sì, anche quello – che davvero ha pochi paragoni nel giornalismo italiano.
Ma non è per tutte queste ragioni che ha il diritto di non essere giudicata per la “messa in piega”.
Ma semplicemente perché è una persona. Una professionista. Una donna.
Che ha il diritto di vestirsi, mostrarsi e presentarsi come sente di essere, senza dover spiegare o giustificare niente a nessuno. Mai. Esattamente come agli uomini non viene mai chiesto di fare.
Ed è sconcertante che sia proprio una donna – per di più impegnata nella difesa delle donne – a non capirlo e a doverselo far spiegare. Dimostrando, una volta di più, di non aver capito nulla – NULLA – di quello che è appena successo.
No, cara Michelle, non è una fake news. Si chiama body shaming. O, se preferisci bullismo. Tv spazzatura.
E c’è una e una sola cosa che ha senso fare in questi casi: chiedere scusa. Non (solo) a Giovanna Botteri. Ma a tutte le donne. E, in fondo, a tutti noi.
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E, alla fine, l’ultima parola a questa storia, le parole più belle, più sincere, più giuste, come tante volte le è capitato nel corso della sua carriera, le mette lei. Con garbo e classe, senza insultare nessuno.
E sono letteralmente un manifesto di libertà, cultura, indipendenza, professionalità, sacrificio, giornalismo. Un atto d’amore verso il proprio mestiere.
“Ho 40 maglie tutte uguali, blu o nere, con lo scollo a V. Lavoro come una dannata tutto il giorno, corro, non ho tempo di pensare all’abito. Tranquilli perché le cambio ogni giorno e le lavo. I capelli? Si capisce che non sono freschi di messa in piega, ma mi pare di essere una donna normale.
Faccio giornalismo, non spettacolo. Sono quasi un’asociale, per niente mondana e queste “attenzioni” mi imbarazzano. Quando mi dicono che passo su “Striscia” non ci dormo la notte. Sono io che devo raccontare, non diventare l’oggetto del racconto”.
Signore e signori, Giovanna Botteri.
Ora sì, è tutto.
Ma veramente tutto.



