Non è capitalismo: quella di Trump è ingordigia pura

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Nadia Urbinati
Fonte: Domani

Non è capitalismo: quella di Trump è ingordigia pura

È una ingenuità e un errore pensare che Trump sia un folle. Non lo spirito del capitalismo lo muove, ma quell’atavico senso del volere sempre di più. La sua professione fu del resto quella dell’affarista: e da affarista sa bene che la posizione che si è conquistato, la presidenza degli Usa, gli consente di fare per davvero il bello e cattivo tempo

Nadia Urbinati – Criticando Werner Sombart per aver identificato la brama del soldo col capitalismo azzerando la modernità di quest’ultimo, Max Weber scrisse che «l’impulso all’acquisizione, alla ricerca del guadagno, del denaro, della maggior quantità possibile di denaro, non ha in sé nulla a che vedere con il capitalismo». È un impulso umano, «è sempre esistito tra camerieri, medici, cocchieri, artisti, prostitute, funzionari disonesti, soldati, nobili, crociati, giocatori d’azzardo e mendicanti».

Tutti amano il denaro e ne vogliono sempre di più. Il capitalismo, secondo Weber, è opposto all’avidità illimitata e «può anche essere identico alla moderazione, o almeno a un temperamento razionale, di questo impulso irrazionale».

Il capitalismo razionalizza un impulso irrazionale: induce a pensare in termini di futuro, a mettere l’impulso a guadagnare al servizio di un piano di incremento del profitto. Sulle orme di Hegel e Marx, Weber situava la sua genesi non nell’umanità, ma in un suo prodotto storico specifico, il protestantesimo. Da qui discendeva la valutazione positiva dell’adempimento del dovere negli affari materiali.

Nello spirito del capitalismo più che nel mercato stava il principio morale della società moderna, un ethos che innervava tutta la vita, pubblica e privata, coi suoi valori, dalla puntualità al duro lavoro, al tener fede ai contratti, e via dicendo.

Si è chiesto recentemente James Livingston, autore pochi anni fa di un libro interessante sul perché la piena occupazione sia una cattiva idea, come situare l’habitus di Donald Trump in questa tradizione weberiana. Secondo Livingston, il capitalismo è in declino mentre domina la brama dell’acquisizione.

Questo è il modello Trump, che non rispetta i contratti e determina scientemente un clima di insicurezza che destabilizza i paesi coi quali il suo governo intrattiene rapporti commerciali.

Ne Le opere e i giorni, Esiodo faceva derivare Giuramento da Discordia e lo definiva un «flagello per gli spergiuri» perché la sua violazione è capace di provocare la vendetta in chi ne è vittima; una reazione dovuta, che tenta di rimettere l’osservanza dei patti al suo posto. Si potrebbe dire che l’etica protestante di cui parlava Weber è riuscita a instillare il senso del dovere ed è stata capace di controllare la tentazione dello spergiuro; ciò ha consentito di fare delle relazioni di scambio una condizione di pace. Se si rompe quella fiducia, lo stato di natura rinasce e tutto si fa incerto, anche la pace.

Abbiamo visto come Trump abbia usato la guerra come materiale pubblicitario per raggirare i suoi alleati (sic!) impegnandoli a mettere il 5 per cento del loro Pil nella Nato. Ma si illudono i suoi “alleati” che qui finiscano le richieste di Trump. Al 5 per cento ora devono aggiungere i dazi, che con un tira e molla snervante Trump ha portato a livelli impossibili.

È una ingenuità e un errore pensare che Trump sia un folle. Trump pianifica su quell’irrazionalità di cui parlava Weber: vuole più soldi, non ne ha mai abbastanza. Non lo spirito del capitalismo lo muove, ma quell’atavico senso del volere sempre di più. La sua professione fu del resto quella dell’affarista, non del capitalista. E da affarista sa bene che la posizione che si è conquistato, la presidenza degli Usa, gli consente di fare per davvero il bello e il cattivo tempo, anche perché può contare su una credenza radicata nella nostra mentalità: che il suo paese sia una repubblica che pratica il governo della legge e che, soprattutto, sia la guida dell’Occidente; che sia “alleato” dei paesi occidentali e non voglia fare di loro cibo per le sue brame pantagrueliche.

E a quanto pare, questa mentalità è forte tanto da tenere i capi di governo dei paesi fondatori dell’Unione europea in una condizione pietosa, imbarazzante. Incapaci di disobbedire e impossibilitati a ubbidire.

Non interessa qui capire se dietro la blanda reazione di Friedrich Merz e di Giorgia Meloni ci sia un segreto piano di intavolare relazioni bilaterali con la Casa Bianca. Quel che interessa è mettere in evidenza quel che appare: un insensato senso di subalternità. Che provenga da sovranisti è comico, anche se sarà tragico per i loro paesi.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.