Fonte: Il Corriere della sera
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intervista a Alberto Asor Rosa di Paolo Conti – 6 gennaio 2017
Alberto Asor Rosa, storico della letteratura (sua la recente Storia europea della letteratura italiana, Einaudi), critico, scrittore, docente universitario, uomo politico, quasi non riesce a parlare al telefono dalla sua casa di Monticchiello, in Toscana. Ha appena saputo della scomparsa di Tullio De Mauro («una tragedia, un’autentica tragedia»). Ha la voce rotta: i due sono stati colleghi di studio e di docenza, ma soprattutto amici legati da un rapporto profondo di stima.
Lei, professor Asor Rosa, ha frequentato per una vita Tullio De Mauro. Come spiegherebbe l’importanza dello studioso scomparso, per esempio, a un ragazzo delle nuove generazioni?
«Se dovessi parlare di Tullio a un giovane, gli direi che quando è apparsa la sua Storia linguistica dell’Italia unita negli ormai lontani anni Sessanta è cambiata non solo la storia linguistica dell’Italia ma anche il modo di intendere questo stesso Paese, di comprenderlo, di sostenerlo».
«Si tratta delle due scelte che De Mauro ha perseguito e praticato nel corso della sua vita. E cioè una concezione moderna e libera della lingua e una concezione altamente civile del nostro essere italiani».
Dunque la lingua e insieme un’identità collettiva. Quale è il frutto di questo impegno parallelo di Tullio De Mauro?
«Direi che le due cose messe insieme, appunto la concezione legata ai nostri tempi della lingua comune e il nostro essere italiani, costituiscono un profilo non solo singolare ma inattingibile della contemporaneità. E per questo, ne sono certo, Tullio De Mauro sarà principalmente ricordato».
In quale snodo storico, in quale momento De Mauro ha agito più incisivamente?
«Tutta la sua operazione linguistica, accompagnata da una chiara percezione della nostra identità sul piano storico, è consistita nel promuovere l’alfabetizzazione del nostro Paese proprio quando questo processo, subito dopo la Seconda guerra mondiale, procedeva con i piedi di piombo. Tullio De Mauro è stato un autentico protagonista, straordinariamente impulsivo e di altissimo livello, in questa nuova direzione, sottraendo anche la lingua italiana alla retorica fascista che inevitabilmente si era depositata su di essa».
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