di Alfredo Morganti – 14 dicembre 2018
Il PD si appresta all’appuntamento delle primarie aperte, e ritiene con ciò di potersi rinnovare. Sbagliato. Sono state proprio le primarie a imprimere un segno indelebile sul suo destino e a gettarlo nello scompiglio attuale. Non solo esse, certo, ma va detto che il metodo di elezione del segretario che il partito si è scelto ha svolto un ruolo importante. Come? Personalizzando il confronto politico interno, ‘aprendolo’ incautamente all’esterno, ammettendo la possibilità di un’OPA ostile, impedendo che si svolgesse un congresso a tutti gli effetti. Siccome per taluni le primarie sono persino nel DNA del PD, questo è come ammettere che il male il partito lo avesse dentro sin dalle origini, e ciò lo destinasse sin dapprincipio a quel che è quindi puntualmente accaduto. Ossia il casino attuale. Adesso, fedeli a quel DNA, naturalisticamente avvinti alla propria base elicoidale, i piddini ritengono che le primarie possano essere lo strumento adatto per rinnovare il loro partito. Ma come? La logica vorrebbe che, richiamandosi testardamente a ciò che risiede nel proprio DNA, si debba permanere tali, non ci si possa rinnovare affatto! Anzi, più si insiste affidando il proprio futuro alle primarie e più si conserva lo status quo. E quindi si fa macerare la crisi fino a un punto di non ritorno, secondo me già passato da un pezzo.
D’altra parte, se anche avessero voluto fare una piroetta e svolgere un vero congresso, modificando in qualche modo lo statuto, avrebbero snaturato quella cosa strana che è il PD, lo avrebbero capovolto dalle fondamenta. In sostanza ne sarebbe nato di fatto un nuovo partito, solo incidentalmente denominato partito democratico. Ma allora tanto valeva chiudere prima i battenti della vecchia organizzazione, constatarne il quasi decesso, e dare vita a una nuova esperienza nelle forme e nei modi decisi da un congresso nazionale con tanto di tesi, antitesi e voto finale. Ci sarebbe voluto coraggio, acume, intelligenza. Ma quanta ce n’è di questa roba ai vertici del PD oggi? E soprattutto, il renzismo è disposto a mollare il partito prima di vederne la morte definitiva, impedendone uno sviluppo purchessia? E i non renziani sono altrettanto disposti a dare davvero un taglio a questi anni di leaderismo, giglio magico e bonus? Io penso che la possibilità di un rinnovamento della sinistra italiana passa anche, necessariamente, per la risoluzione del nodo che oggi soffoca a morte l’area di centrosinistra. C’è un morto che rischia di portarsi via il vivo. Prima questo nodo verrà sciolto, prima si farà chiarezza e si andrà oltre, e prima sarà possibile avere in mano quegli elementi che oggi ancora mancano per parlare di una sinistra più grande, popolare, rinnovata.


