Autonomia, Gianfranco Viesti: “L’istruzione regionale sarebbe un disastro. La Sanità torni statale”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Antonello Caporale
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Autonomia, Gianfranco Viesti: “L’istruzione regionale sarebbe un disastro. La Sanità torni statale”

L’ECONOMISTA – “Ma quale efficienza? Zaia&C. vogliono più soldi e potere”

Il Covid è stato lo spartiacque, il test che ci ha mostrato la fragilità del sistema ospedaliero, l’anticamera di quel che oggi e soprattutto domani potrà essere: un sistema sostanzialmente in default, una rete di protezione sociale in tilt, nella sostanza inutilizzabile su parte del territorio nazionale.

Professor Gianfranco Viesti, il Covid ci ha proposto il panorama di una sanità arcobaleno. Ciascuno per la sua strada, secondo una singolare dottrina. Ricordo il Veneto che cercava vaccini per sé…

Ventuno cabine di regia distinte, altrettanti nuclei di virologi, ciascuno dei quali avanzava idee e strategie a volte singolari. E un ministro il cui compito sembrava quello di non turbare le Regioni. Un ministro che sfornava consigli, preghiere, proposte. Non decisioni.

La sanità deve ritornare nelle mani di Roma?

Mai procedere per disegni ritorsivi, non avrebbe senso. Ma esiste un’urgenza: bisogna cambiare la gestione del sistema sanitario. La politica sanitaria deve tornare ad essere esercitata dal governo nazionale e deve valere per tutto il territorio. Il ministro della Salute non dev’essere un buon uomo che dà consigli agli assessori regionali che poi decidono, magari sotto dettatura del proprio governatore, dove aprire l’ospedale, chi nominare primario e a quale famiglio far fare il direttore sanitario.

Le Regioni con l’autonomia differenziata chiedono altro potere e lei gliene vuole togliere?

Dobbiamo sfatare la favola che al decentramento regionale corrisponda maggiore efficienza. È una di quelle bugie storiche che nessuno ha mai iniziato a denunciare.

È il pilastro del federalismo!

Ma quando mai! Dobbiamo ridare alle città, il vero perno dentro cui si sviluppano poteri e rappresentanze comunitarie, spiccatamente territoriali, il ruolo che abbiamo loro tolto. E definire un destino per le province che oggi sono delle ombre inconsistenti. Belluno e Lecce, per dire, hanno problemi e peculiarità lontanissime da quelle di Venezia e Bari, i loro rispettivi capoluoghi di regione. E Milano e Pavia, due province contigue, hanno però l’indice del Pil ai due estremi. La prima è sul podio, la seconda è fanalino di coda. Avranno bisogno di cure opposte, penso.

Anche la scuola sarà un arcobaleno di materie, ruoli didattici, capacità di spesa.

L’autonomia regionale differenziata nella scuola è l’elemento più preoccupante di tutti perché mette a rischio l’intero sistema scolastico pubblico Un’istituzione, dall’unità fino ancora a oggi, fondamentale per il Paese. Lombardia e Veneto vogliono selezionarsi gli insegnanti, offrire a quelli oggi in servizio di passare alle regioni, farsi i loro programmi di insegnamento. Tanto potere per gli assessori meno per gli insegnanti perché si indebolirebbe il sindacato nazionale. E tanti soldi da gestire. Nei loro desideri, molti più del costo attuale della scuola in quelle regioni. L’Emilia non chiede di regionalizzare gli insegnanti ma vuole un fondo integrativo per i loro stipendi. Richieste che tutti i partiti dovrebbero giudicare totalmente inaccettabili

Il sindaco di Napoli ha tuonato contro questa nuova cupola, questo nuovo centralismo regionale.

L’elezione diretta dei presidenti delle Regioni ha promosso la nascita di tante satrapie che non trovano compensazioni territoriali. Un potere autonomo sempre più incoercibile e aggressivo.

Le burocrazie politiche regionali hanno quote di maggioranza dei partiti.

Bonaccini sta per prendersi il Pd nel cui territorio politico vive la bandiera autonomista dei De Luca e degli Emiliano. Zaia e Fedriga mungono la Lega, Forza Italia è inconsistente senza le munifiche riserve regionali.

Se questo è il quadro, la sua battaglia nasce persa.

Invece c’è nell’opinione pubblica un fastidio crescente che si sta convertendo sul tema della sanità in una paura vera che la tutela del proprio corpo e quello dei propri familiari sia messa in discussione da un apparato che non risponde più alle esigenze sociali. Un apparato fallito. E poi nel panorama politico c’è una doppia novità.

Quale?

I Cinquestelle non hanno ancora una burocrazia politica regionale che blocca e ostruisce iniziative di rottura. Hanno le mani libere e se capiscono che il terreno è fertile per raccogliere altri consensi allora penso che non si faranno scappare l’occasione per dare battaglia.

Basteranno i Cinquestelle?

Lei dimentica Giorgia Meloni e la storica diffidenza della destra verso queste forme anarcoidi di decentramento. Confido sulla sua buona memoria.

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