di Alfredo Morganti – 29 gennaio 2018
Avevano ragione Chiara Geloni e Stefano di Traglia a parlare di giorni bugiardi. Ormai sembra che la politica si riduca solo a questo, a tanta finzione mascherata da menzogne. Sappiamo tutti, lo sanno per primi i protagonisti, che l’esito su cui un bel pezzo di establishment e di classe politica sta lavorando sono le larghe intese Renzi-Berlusconi. Lo sanno pure in Europa, dove anzi spingono proprio per questo esito e per queste pastette post-elettorali. Se interrogate un sasso confermerà. Eppure lo stesso Berlusconi, Salvini e la Meloni ci fanno credere di aver resuscitato il centrodestra, e di puntare al governo del Paese. Non c’è nulla che li accumuni, a partire dalla strategia di fondo, ma la litania che ripetono è stucchevolmente la stessa. Maurizio Lupi ha spiegato anche ai più duri di comprendonio che Berlusconi non vuole vincere le elezioni, e preferisce un governo di larghe intese a uno con i suoi alleati. La vicenda del Lazio è illuminante: sembra che il centrodestra si giochi contro (come ha fatto d’altronde alle elezioni romane). D’altra parte non sappiamo nemmeno quanto 5stelle voglia governare, preferendo, in termini più redditizi, vincere le elezioni per scegliere, magari, di tirare strali a chi proverà a fare il governo di larghe intese.
Il PD poi è finzione pura: partito di centro, rassemblement personale, bunker del Capo che sostiene tuttavia di volere al centrosinistra; partito di pseudo innovatori, rottamatori, riformisti con un elettorato di ultra50enni e di pensionati; liste che sono nate come un casting renziano di fedelissimi, ma che vengono presentate come una squadra forte e rappresentativa; un segretario che prenderà meno voti e meno seggi di Bersani nel 2013, ma che ancora insiste nei suo vaniloqui contro la sinistra e mostra una maschera che pochi, sempre meno, mostrano di apprezzare. Di questo si compone il teatrino della politica: di nani e ballerine, di chiacchiere e distintivi, di marionette e burattini che vi raccontano una cosa ma ne pensano altre, che vi spiegano un piano ma già sono al lavoro per un altro. Ricordo nel 2013 l’operazione verità di Bersani, quando disse di non promettere più di quanto fosse possibile ottenere, e di immaginare invece un Paese volto al proprio bene comune, piegato sugli ultimi e sugli interessi collettivi, in prima linea nella lotta contro disuguaglianze e per i diritti. Dopo quattro anni di bonus, regalie, cialtronate, patti segreti, attacchi alla Costituzione e alle tutele sul lavoro, dopo tante bugie oggi siamo di nuovo in debito verso la verità. Basta mance, serve lavoro, servono diritti, istruzione, welfare, democrazia. E che paghino quelli che non pagano mai. Il voto a Liberi e Uguali è l’unico davvero libero, l’unico per il quale non bisogna turarsi il naso. Sapevatelo. E adesso palla avanti e pedalare.


