Blut und Boden – “Sangue e Suolo”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Franco Cardini
Fonte: Minima Cardiniana

di Franco Cardini – 1 aprile 2019

BLUT UND BODEN

In Italia, come tutti sanno, si è di continuo in campagna elettorale: ne consegue che i vari gruppi presenti nei due rami del Parlamento non elaborano per nulla leggi che pongano in prima linea il “bene comune”, bensì che sembrino a ciascuno di essi le più adatte a raccogliere demagogicamente voti. Se così non fosse, ad esempio, il dibattito sullo ius sanguinis e lo ius soli da applicare ai nuovi nati in Italia che non godano delle condizioni per poter automaticamente venir considerati cittadini italiani si sarebbe concluso da tempo nel più semplice dei modi. Tralasciamo l’ironia della coincidenza, in tempi di rinnovato (e alquanto isterico) dibattito su fascismo, antifascismo eccetera, costituita dal fatto che i termini di questa polemica siano quelli di Blut und Boden (“Sangue e Suolo”), protagonisti di titoli e di motti di vari sodalizi partitici, agricoli, ecologici della Germania nazionalsocialista, che in essi indicava i due capisaldi dell’identità germanica.

Tornando al caso nostro, a quale scopo si accorda il diritto di cittadinanza a un bambino che non è nelle condizioni di goderne automaticamente? Con ogni evidenza, nell’interesse del paese che lo ospita e che dovrà divenire il suo, nella prospettiva di facilitare la sua integrazione se egli è in qualche modo legato a una nazionalità e a una cultura  in modo consistente lontana dalla nostra e nell’intento di far sì che anche la sua famiglia riesca a integrarsi al più presto e nel migliore dei modi (tralasciamo il caso, non peraltro così raro, che il minore non abbia parenti: nel qual caso spetta senza dubbio allo stato risolvere con idonei mezzi propri la questione).

Se ragionassimo pacatamente, tenendo presenti l’interesse sia nostro sia dei nostri ospiti che ambiscono e/o che hanno le necessarie condizioni d’integrarsi, terremmo presenti le due possibili strade ma sarebbe opportuno far scegliere alle famiglie responsabili. E’ ovvio che applicando al normativa dello ius sanguinis il minore resterà privo di cittadinanza fino al compimento del diciottesimo anno di età: una condizione che lo metterà a disagio ma che consentirà ai suoi familiari di poterlo portar con sé in caso essi vogliano tornare al paese d’origine. Ma se essi desiderano, al contrario, ch’egli si radichi quanto prima e quanto meglio possibile nella sua nuova condizione con tutte le prerogative che ciò comporta. In tale caso è evidente che i genitori non-italiani acquisiranno precisi doveri, dei quali dovranno venir informati, nei confronti dello stato del quale il loro figlio è cittadino. Ad esempio, non potranno portarlo con loro se decideranno di rientrare stabilmente nel loro paese o di emigrare altrove. Della menomazione del loro “diritto di patria potestà” se, come non-cittadini italiani, essi decidano per lo ius soli, è opportuno siano consapevoli. E questo stesso dovere si tradurrà presumibilmente in una crescita del loro senso di responsabilità nei confronti del paese che li ospita.

Perché non si assume questa scelta? E’ evidente: si tratta di una proposta che non sarebbe elettoralmente vantaggiosa per nessuno. Rassegniamoci, pertanto, all’ennesima interminabile discussione e all’ennesima scelta sbagliata.

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