CONSIDERAZIONE SULLE ACQUE CONTAMINATE DI FUKUSHIMA
È notizia dell’altro ieri l’annuncio della AIEA che approva lo scarico a mare delle acque contaminate dai reattori nucleari di Fukushima. Il Giappone ha quindi ottenuto il via libera dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica in linea con gli standard di sicurezza internazionali, in quanto le acque trattate avrebbero un impatto radiologico trascurabile sull’ambiente e le popolazioni. Le garanzie della AIEA e del governo di Tokio però non rassicurano Pechino e il Sud Corea, che hanno espresso una forte opposizione al progetto, considerandolo pericoloso per la pesca e l’eco sistema. Ci aspettiamo un lungo contenzioso per quella che possiamo chiamare l’eredità di Fukushima, cioè scaricare a mare l’acqua usata per raffreddare i reattori e impedirne la fusione. Persino i vescovi sud coreani ne parlano come una minaccia che rompe l’ordine del mondo creato da Dio.
La presa di posizione dei vescovi ci dà lo spunto per affrontare il tema dall’unico punto di vista che conta, cioè quello spirituale.
Come affrontare l’argomento con una visione umana e allo stesso tempo spirituale che squarci le tenebre diffuse proprio dalla scienza e dalle tecnologie connesse? È noto a tutti che i pericoli materiali connessi con le centrali atomiche sono dovuti alla radiazione, ai rifiuti radioattivi, e poi alle catastrofi sempre possibili. Sono pericoli riconosciuti riguardanti la salute fisica delle popolazioni, e già è partito l’allarme per la pesca nei mari adiacenti. Si tratta pur sempre di un tema che pone al centro la salute del corpo, quello dei danni alla salute del corpo, ma stende un velo opaco sul vero significato: gli aspetti cognitivi, ciò che è la vera natura dell’energia nucleare.
L’energia nucleare mi rimanda alla materia. La materia mi appare un enigma, di materia è il mio corpo, nel mio essere troverò la chiave per interpretarla e comprenderla. Vediamo. L’energia atomica si basa sulla disintegrazione.
Possiamo trovarne tracce nella nostra vita? Partiamo dalla contrazione ed espansione che ci accompagnano dal nostro primo vagito all’ultimo respiro, riflesse nel ritmo di sistole e diastole. È legge cosmica la contrazione e l’espansione, la densificazione e la rarefazione. Questa polarità è il miracoloso segreto che crea nuova vita e si incarica di dissolverla in un perenne fluire. È la legge che sottende i cicli cosmici e naturali. Una pietra è soggetta ad erosione, una radice diviene humus. Il nostro corpo fisico si accomuna al regno minerale, perché alla morte abbiamo un esempio estremo di tale divisibilità comune alle cose materiali. Il nostro corpo fisico alla nascita si addensa, alla morte si disintegra. Ciò che raggiunge il suo stato più denso comincia da sé una lenta e naturale disintegrazione perché le forze formative che hanno fatto solidificare la materia sono ora in qualche modo rilasciate. È l’alternanza di espansione e contrazione. Questi processi naturali non sono dovuti alla nostra azione e possiamo liberamente assistervi, collaborarvi.
Ricordiamo ora che l’idea di Spazio cominciò a sorgere alcuni secoli fa per opera di Copernico, di Giordano Bruno, di Galileo e Keplero, e cominciò ad avere un importante funzione nell’immagine dinamica dell’Universo. Poi la misurazione dei minimi dettagli della materia si sviluppò in grado crescente.
Si scoprì allora che le cose materiali hanno due aspetti in comune, occupano spazio e a causa di ciò possono essere indagate nei minimi dettagli. Si scoprì che esse sono divisibili. Sono frammentabili. Si è cominciato a suddividerle, a frammentarle sempre più.
Il cammino della scienza si è diretto verso gli oggetti senza comprendere bene né il processo di creazione-contrazione da stati meno densi, né quello di dissoluzione-espansione, approfondendo invece l’indagine dei più piccoli componenti di questi oggetti, suddividendoli sempre più per cercarne i segreti, e in ciò facendo si è accettato come logico spingere il processo di morte-dissoluzione fino all’estremo di adorare la disintegrazione, di dichiarare trionfalmente che l’atomo era stato sfasciato. Non deve sfuggire l’aspetto di violenza rispetto alla decomposizione naturale. La fissione nucleare artificiale è probabilmente il processo più violento che mette in evidenza forze della morte, ai confini della materia fisica.
Naturalmente le reazioni nucleari sono all’ordine del giorno negli interni stellari, e la radioattività è una normale componente dell’ambiente naturale, perchè siamo esposti alle radiazioni naturali. Il problema sorge nel momento in cui ci siamo messi a mimare. Perché presumere che la materia sia semplicemente lì distesa, inattiva, a nostra disposizione, solo per diventare vittima della nostra maestria? Naturalmente, pensiamo che la materia debba essere domata se vogliamo usarla ed estrarre le sue energie, ma ogni volta che non siamo in grado di sostenere il corso della azione con umana comprensione e benevolenti motivi, ma siamo interessati allo sfruttamento fine a se stesso, come spesso accade nella ricerca di base, è alta la possibilità che il bene immediato non sia mai un vero bene per l’essere umano. Mi riferisco alla comprensione di ciò che è implicito nella disintegrazione atomica e nucleare, alla natura intima dei processi di disintegrazione.
C’è un secondo aspetto che offre un’altra chiave di lettura.
La mortifera radiazione risultante è un fenomeno non osservabile dai nostri sensi ed è il sub naturale che manifesta proprio le forze della morte scatenate. Le radiazioni risultanti sono un fenomeno che non può essere percepito dai sensi di cui siamo provvisti da Madre Natura, allo stesso modo in cui non percepiamo l’elettricità ma solo i suoi effetti indiretti. Ciò dovrebbe far riflettere. Ne proviamo sgomento, e non possiamo rifugiarci in una comoda rimozione collettiva.
Nel nostro intendere umano, e in questo faccio appello al senso comune, ci muoviamo nella vita quotidiana tra oggetti materiali che mostrano certe qualità sensoriali, è l’archetipo della materia: la coesistenza palese di qualità sensorie. Ecco come la materia ci appare nel sano quotidiano: nel suono, nel colore, nello stato termico, nel sapore, nell’odore. Questa è la nostra dimensione umana naturale. In un certo senso “nuotiamo” nella luce, nel suono, nel calore.
La luce ha costruito l’occhio, così il suono ha edificato l’orecchio, e così pure abbiamo un tipo di organo diffuso che percepisce il calore. Poi la scienza ha scoperto l’infrarosso, l’ultravioletto, le radiazioni ionizzanti che per esempio ci giungono dal Sole, i raggi cosmici. Sono manifestazioni estreme di fenomeni violenti a scala macroscopica che accompagnano l’evoluzione stellare. Noi non li percepiamo direttamente. I fenomeni atomici e nucleari trascendono la nostra percezione, sono al di sotto della nostra soglia percettiva. Entriamo in una dimensione al di sotto della soglia sensibile, un mondo che può essere afferrato dagli addetti ai lavori solo attraverso immagini di pensiero. Dovremmo riconoscere nelle manifestazioni al di sotto della soglia sensoriale il cartello segnalatore di avviso. Allo stesso modo, non c’è un organo sensoriale per l’elettricità con il quale si possa percepirla. Siamo però oltremodo sensibili e soggetti alla energia elettromagnetica che diffusamente avvolge le nostre vite.
Per avvicinarmi alla natura della materia e dunque dell’energia nucleare devo considerare i diversi stati di coscienza. Come detto in altri studi, per sperimentare la materia e la forza di gravità devo ricorrere alla volontà applicata. La volontà, al pari di materia, elettricità e forza appartengono a una sfera di cui ho coscienza ottusa, addormentata. Ne ho una coscienza opaca, ed è a questa regione dell’anima a cui dobbiamo riferirci per inquadrare i fenomeni della materia e quelli elettrici e nucleari che ad essa sono legati.
Deve ora farmi ben riflettere il fatto che, mentre percepisco perfettamente la luce, il suono, il calore, la Natura non mi ha dotato di un senso che percepisca l’elettricità né le manifestazioni dell’energia nucleare. Col senso dell’udito e del linguaggio posso percepire nientemeno che l’interiorità di altri esseri umani, intendermi con essi; col senso della vista apprezzare i colori del mondo che mi circonda, gioire ed orientarmi in esso. Ma la Natura non mi ha dotato di un senso per percepire l’elettricità né le radiazioni nucleari. Esse per loro natura appartengono ad una regione ottusa della coscienza.
Abbiamo bisogno di un pensiero che sia capace di riconoscere quello che è in gioco senza appoggiarsi su misurazioni rassicuranti, su rischi calcolati, danni collaterali e via dicendo, perché abbiamo bisogno di innalzarci. Ciò solo ci permette di riconoscere la “natura” del nucleare come una forza di morte, comprenderla come tale ed assumerne moralmente le conseguenze.
Nel mondo meccanico e tecnologico, sprovvisto di spirito, così come ci viene dato dalla scienza moderna, dobbiamo trovare lo spirito.
L’epoca che ci tocca vivere è orientata completamente verso le conoscenze di natura tecnica. E c’è una ragione evolutiva per questo. Non abbiamo scelta, se non assumere questo approccio e fare uso dei concetti e dell’intelletto che abbiamo sviluppato. Ma sempre mettendo al primo piano la coscienza.
Se nel dibattito sul nucleare non ci uniamo con quello che percepiamo con il nostro essere interno, ma ci limitiamo solo a quello che ci viene raccontato dalle agenzie di stampa, non scorgiamo la posta in gioco.
Eppure, dobbiamo trovare lo spirito dentro la tecnica, dove esso si cela, qualunque cosa esso significhi, nella sfera della moralità. Per divenire liberi dobbiamo di necessità vivere coscientemente le tecnologie in questa ora cruciale.
FILOTEO NICOLINI
Immagine: Ispettori AIEA


