Diario di un naufragio

per Gabriella
Autore originale del testo: Oreste Pivetta
Fonte: Donzelli, Eddyburg, Rai Storia

DIARIO DI UN NAUFRAGIO – DI GUIDO CRAINZ – ed. DONZELLI

da www.donzelli.it

«Il nesso fra cronaca e storia è centrale nel mio diario: può aiutare a muoversi fra le nebbie, e spesso fra le melme, della seconda Repubblica. E può portare ancora più indietro: alla qualità stessa della modernizzazione italiana, e al rapporto fra istituzioni, sistema politico e paese».

Il presente come storia: in questo suo nuovo libro Guido Crainz racconta in presa diretta gli ultimi dieci anni di vita italiana. Se il suo grande affresco in tre volumi sulla storia dell’Italia repubblicana si fermava alle soglie del nuovo millennio, qui la materia si fa attualissima, lo stile più perentorio, il giudizio più tagliente. La forma è quella di un diario che ripercorre anno dopo anno la trama del nostro passato più recente sul filo di una originalissima «memoria individuale», intessuta di raffronti tra i giudizi del momento, annotati da Crainz a ridosso dei singoli accadimenti, e le valutazioni che l’autore ne può dare oggi. Una parabola – quella di quest’ultimo decennio – davvero impressionante: dall’apparente consolidarsi della seconda Repubblica al suo rovinoso crollo. Sullo sfondo, crisi e bufere globali, dal dramma di Nassiriya al «pericolo greco», dagli attentati di Londra e Madrid a una crisi economica internazionale che disvela gli inganni del neoliberismo. Sino al nodo dell’Europa, e all’ «angoscia da spread». Un interrogarsi, anche, sul lungo permanere della stagione berlusconiana; sulle radici a cui essa è saldamente ancorata e sulle deformazioni che induce nel corpo vivo della società italiana; con lo sprezzo crescente dei valori e dei vincoli collettivi, con il primato del «sé» sul bene pubblico, con l’erosione quotidiana delle norme elementari di legalità e diritto. Su tutte, una domanda. Perché questi processi hanno trovato così deboli anticorpi? Perché la stagione berlusconiana ha potuto protrarsi così a lungo, inducendo stravolgimenti gravi nel funzionamento delle istituzioni e in quell’equilibrio fra i tre poteri dello Stato che è il cardine di ogni democrazia? Nel suo stesso svolgersi, il libro diventa in primo luogo una riflessione impietosa sull’inadeguatezza della sinistra italiana, sulla sua incapacità di progettare il futuro e di modificare radicalmente il proprio modo di essere restituendo ai cittadini la fiducia nella democrazia: una fiducia gravemente erosa da una «partitocrazia senza partiti» sempre più priva di etica, e spesso di decenza. Se una nuova partenza è possibile, può avvenire solo da qui.

da www.eddyburg.it  di  Oreste Pivetta 

 A proposito dell’ultimo libro dello storico Guido Crainz, Diario di un naufragio (Donzelli). Con la limpida  narrazione di  «un ventennio tra i fallimenti 
della sinistra e l’avanzata del populismo» arriva fino ai nostri giorni il  ritratto dell’Italia dal dopoguerra ad oggi. L’Unità, 18 dicembre 2013

La cronaca degli ultimi dieci anni potrebbe aprirsi sulla scena di piazza Navona, nel febbraio del 2002, quando con un colpo di teatro Nanni Moretti scosse una manifestazione dell’Ulivo al grido: «Con questi dirigenti non vinceremo mai!». Il Pd, sopravvissuto a quell’esperienza, sopravvissuto a sconfitte elettorali, vivendo i suoi momenti di gloria e le sue crisi identitarie, socialdemocratico, neoliberista, chissà che, ha dismesso quei dirigenti e ne sta, in questi giorni, cercando altri. Nuovi? Reduci della passata politica? Innovatori autentici? Viene in mente il titolo di un film del ’68 di Lina Wertmüller: Riusciranno i nostri eroi… Altra epoca e le epoche contano. Altra epoca di contraddizioni feroci, ma anche di slanci libertari, democratici (di una democrazia che cercava nella sua imperfezione una propria via alla partecipazione contro i legacci e i limiti istituzionali), riformatori (dal divorzio al diritto di famiglia, dallo statuto dei lavoratori alla 180), altra epoca che si smarrì nei gioiosi anni 80 e nel ventennio berlusconiano. Resta l’interrogativo: riusciranno i nostri eroi?

Le ultime righe della cronaca che Guido Crainz, storico (si leggano i tre volumi che compongono il ritratto dell’Italia dal dopoguerra ad oggi, pubblicati da Donzelli), ricostruisce nel suo ultimo Diario di un naufragio (pagine 256, euro 19,50, Donzelli) mi sembrano attestino la difficoltà fino alla disperazione dell’impresa: eredità e detriti della stagione berlusconiana che gravano «come un macigno sulla nostra capacità politica di ricostruire il paese e di progettare». Ammettendo appunto che è impossibile ancora considerare per conclusa la «stagione berlusconiana»: conclusa, come si spera, magari sul terreno politico-elettorale, improbabile che lo sia sul piano della cultura profonda, del costume di un paese.

La critica al pd

Il «diario», il «giorno per giorno» di uno storico, cronista, commentatore, riguarda le forze politiche in campo, i loro comportamenti (in tutti i sensi, anche in quello che testimonia la progressione della corruttela, da Tangentopoli al Batman di Anagni, dalle tangenti di Craxi alle condanne di Berlusconi, mentre si vede crescere «la forbice fra i durissimi sacrifici imposti al paese e i perduranti privilegi e sperperi di un sistema politico travolto dagli scandali»), i loro fallimenti. Nella rappresentazione dei fallimenti, senza tregua è la critica al Pd, una insistenza polemica che si comprende da parte di chi sta a sinistra e di chi coltiva attese di cambiamento e di chi pensa o spera che ancora nel Pd vi siano le forze, l’intelligenza, la moralità su cui far leva per interrompere la discesa all’inferno (come sarebbe stato possibile scriveva Crainz proprio nei giorni delle ultime elezioni se il Pd avesse avuto anche il coraggio di una proposta radicale, di «una radicalità senza precedenti» nei contenuti programmatici e nell’alto e nuovo profilo del governo).

Ma nel Diario di un naufragio colpiscono altre note: non tanto quelle che ci restituiscono alcuni diversi frammenti di una storia dell’antipolitica che va, nel dopoguerra, dal qualunquismo di Giannini al «nullismo» di Grillo, quanto quelle che riferiscono di una partecipazione al voto che tocca nel dopoguerra tetti inusuali, anche in Europa, scavalcando l’asticella del 90 per cento e che declina a partire dalle regionali del 1980 fino a precipitare senza sosta sotto la soglia del 50 per cento. Di fronte all’Italia che vota c’è un’altra Italia, ugualmente consistente, tanto varia da diventare inafferrabile: delusa, scoraggiata, indifferente o estranea alla politica, perché semplicemente pensa ad altro, un’altra Italia dentro la quale si è inabissata quella società civile, che ai tempi del «grido» di Nanni Moretti aveva illuso di rappresentare la chiave di volta di una resurrezione-rigenerazione del paese. Sistema politico e società civile capita che si dividano con pari dedizione le spoglie di pochi valori sopravvissuti e il peso o il vantaggio di tanti peccati (cominciando da una diffusa disponibilità alla corruzione e all’obnubilamento mediatico, al torpore di fronte alle più gravi accuse, minori e prostituzione e persino alle condanne). Quando, in un miracoloso travaso, grazie ad esempio al tragico Grillo, la società civile non si è riversata nel sistema politico, dimostrando adattabilità e nessuna difficoltà ad apprendere. Come se la «mutazione», si fosse del tutto compiuta, senza scampo.

La malattia del belpaese
Il Diario di Crainz mi pare dimentichi alcune «voci» nel repertorio dei protagonisti del naufragio, intanto gli intellettuali (un tramonto e basta) e poi la stampa italiana, pesantemente, malinconicamente in deficit di fronte a una missione che le spetterebbe per definizione: informare sullo stato del paese, sulle varie forme, politiche e sociali, in cui la malattia si manifesta, tralasciare le scritture consolatorie quando i buoi scappano, ignorare gli amori di Dudù per la barboncina bianca di Palazzo Grazioli quando in «terra dei fuochi» i bambini muoiono di cancro. Restituire davvero al Belpaese Benpensante l’immagine della tragedia che incombe, naufragio, terremoto, frana, allagamento o veleno, per mare e terra, politica e morale, immagine da fine del mondo. Non ci rimarrebbe una speranza in più se almeno un foglio, dalle tirature potenti, avesse rivendicato autonomia di fronte ai suoi padroni, avesse alzato qualche velo, sostenuto qualche battaglia (magari per difendere il semplice principio che la legge è uguale per tutti)?

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