di Alfredo Morganti – 7 settembre 2017
Abbiamo tanto urlato e tanto inveito contro la destra liberista che quelle urla e quelle critiche forse non basterebbero, oggi, a controbattere la destra cattiva, razzista, cupa, violenta, che cresce nel Paese e fa proseliti tra i cittadini. Ci sono segnali inequivocabili, che indicano come stia salendo una marea nera, becera, con tratti razzisti, che inonda la vita reale e i social, sotto forma di un profluvio di insulti e di violenza verbale e non solo. Anche partiti di centro come il PD cedono alla tentazione di corrispondere moderatamente e per ragioni elettorali ai ciechi istinti che la ‘gente’ esprime. Un codismo che preoccupa, che non lascia ben sperare. ‘Bloccare’ gli sbarchi, togliere di mezzo i neri, i rifugiati, gli ultimissimi dalla nostra vista è parsa al governo la soluzione più facile al problema epocale delle migrazioni. Una soluzione ‘tecnica’ e di corto respiro. Più propaganda che altro. Ma in linea con il ‘popolo’ urlante a Tiburtino III.
È cambiata la natura dello scontro politico. Non si deve solo tenere testa all’1% di ricchissimi che si stanno prendendo tutto, ampliando sempre di più il divario tra ricchi e poveri. Oggi dobbiamo affrontare anche i violenti, i razzisti, quella specie di blob che sale dai quartieri e li trasforma in una palude fangosa. La politica, i partiti hanno abbandonato i territori, non li presidiano. Per la semplice ragione che non esistono più, oppure esistono virtualmente solo nei pezzi di comunicazione, in un marchio, in qualcuno che si definisce segretario di questo o di quello. Per il resto sono carta velina, incapaci di mediazione, inadeguati ad affrontare la moltitudine che si annerisce pian piano, incapaci a controbattere con ragioni, informazioni, dati, ragionevolezza le bugie e i pregiudizi. La democrazia si regge sui partiti e sulle istituzioni rappresentative, non sui principi astratti o sulle procedure. Il ‘popolo’, tanto invocato in tutte le sue varianti e differenziazioni, sembra quasi disciolto nel blob, destrutturato, come plastilina pronta a essere modellata dal primo che passa.
Non so voi, ma io penso che la destra liberista abbia bisogno di qualcuno che faccia il cane da guardia nei territori, facilitato in ciò da una società molle, priva oggi di protezioni politiche e di mediazione culturale. La destra cattiva, in fondo, è solo la longa manus di un potere rarefatto e globale, che prende corpo nei territori grazie ai pregiudizi diffusi verso i rifugiati, i neri, i poveri, i disagiati, gli sconfitti dalla crisi. Un potere capace di aizzare gli ultimi tra loro, di diffondere l’idea che ci siano poveri che insidiano altri poveri, neri che minacciano i bianchi, islamici che incombono sulla civiltà occidentale, persone che vorrebbe rubare il nostro lavoro, la nostra casa, dividere le nostre famiglie e stuprare le nostre donne. I ricchi, insomma, si ‘conservano’ e restano ricchissimi se i poveri si dividono e lottano tra loro. Il mondo resta ‘liscio’ alla globalizzazione delle merci, se crescono parallelamente dei muri dinanzi ai poveri, se la società si increspa e diventa ruvidamente intollerante verso di essi. La disuguaglianza (e dunque la ricchezza dei ricchi) cresce se c’è chi ne sostiene di fatto le ragioni in modo violento. Ed è meglio se lo fanno i poveri stessi, gli uni contro gli altri ovviamente. Insomma, la destra non ha una faccia sola, ma ne riverbera almeno due: una cosmopolita e liberista, e un’altra chiusa e violenta. I ponti da una parte e i muri dall’altra. Due volti della stessa medaglia. Un’incudine e un martello pronti a colpire chi ci finisce in mezzo. Tipo la sinistra.


