Fonte: huffingtonpost
di Alessandro De Angelis – 1 dicembre 2018
Per la serie: così è, se vi pare. Il grande teatro del centrodestra di governo e di opposizione. Sentite qua: Matteo Salvini fa trapelare che è “irritato”, anzi “molto irritato”, perché il vertice ad Arcore doveva rimanere segreto. All’ordine del giorno c’erano le candidature alle prossime regionali, ma un vertice è un vertice e Arcore è Arcore, un simbolo, non un luogo geografico. La casa di quel che fu il padre padrone del centrodestra, luogo poco adatto a chi si sente il nuovo. Apparsa la notizia, una mezz’oretta prima dell’incontro, l’irritato ha dato forfait: “Me ne sto con i miei figli”. Il segreto violato avrebbe alimentato ricostruzioni maliziose, mettendo in difficoltà Di Maio, in un momento in cui è già in difficoltà di suo. Immaginate i titoloni sul “centrodestra” (come se esistesse ancora), gli articoli su una alleanza risuscitata per le regionali, dove i tre – intesi come Berlusconi, Salvini e la Meloni – rischiano di vincere ovunque, sondaggi alla mano. Proprio nella settimana nera di Di Maio: la settimana del decreto sicurezza approvato senza applausi, col dissenso di un pezzo di suoi, dell’umiliazione di Conte sul global compact, dei guai sull’azienda di papà.
Peccato che ad Arcore, spedito da Salvini, a trattate con Berlusconi e gli altri, c’era Giancarlo Giorgetti, il potente sottosegretario a palazzo Chigi, uomo forte del governo e della Lega. Non proprio una presa di distanza. E c’era un sacco di gente, da Tajani a La Russa, per un incontro che non aveva nulla di segreto. Quante volte su regionali o altro si sono svolti incontri di questo tipo. Quelli segreti, segreti per davvero, si sono sempre fatti a quattr’occhi, e magari non a pranzo. Dunque, quel che pare – “irritazione” – non è. Quel che invece c’è è un accordo pressoché fatto. Salvini non vuole più parlare del centrodestra, perché vanno di moda tutte queste chiacchiere che destra e sinistra non esistono, “categorie vecchie” dicono, ora esiste il sovranismo, però si appresta a piazzare una caterva di governatori e assessori assieme a Berlusconi e alla Meloni, nelle regioni in cui vincerà. La prima scrematura di nomi tra le varie terne è avvenuta. Ora gli “alleati” – chissà se si può dire o no – stanno valutando i nomi di Marco Marsilio in Abruzzo (dove la candidatura tocca a Fratelli d’Italia), del leader del partito sardo d’azione Christian Solinas in Sardegna (dove tocca alla Lega) e di Alberto Cirio in Piemonte, il parlamentare di Forza Italia col problemino del coinvolgimento nella Rimborsopoli piemontese.
C’è, in questo gioco delle parti di Salvini (e non solo), che prima non va perché “irritato” e poi fa sapere c’è stata una telefonata cordiale con Berlusconi (più clandestina di un incontro) tutta l’ambiguità e la difficoltà di questo equilibrio gialloverde: governare con Di Maio e fare i comizi, di qui a qualche settimana, in giro per l’Italia contro i Cinque stelle assieme a Forza Italia e Fratelli d’Italia, che sono all’opposizione dei Cinque Stelle. E ancora: stare al governo con Di Maio, che diventa sempre più fragile e gestire una potente spinta di centrodestra, nel paese e anche in Parlamento. Parliamoci chiaro, l’altro giorno sul decreto sicurezza sembrava di stare di fronte a un governo di centrodestra con l’appoggio esterno dei Cinque stelle. E lo stesso accadrà sulla legittima difesa. Insomma, se Salvini spinge troppo gli altri non la reggono. Ma, al tempo stesso, non può liberarsi dei vecchi alleati, perché sennò – semplicemente – non vince.
A proposito di alleati, e del loro stato di salute. L’operazione “seconda gamba” di Giorgia Meloni pare funzioni parecchio. L’idea è quella di andare “oltre”, senza perdere l’ancoraggio a destra, coinvolgendo pezzi di centrodestra di governo, purché potabili, ed evitando di diventare il rifugio dei riciclati. Dell’operazione fa parte Raffaele Fitto, che ha un suo radicamento territoriale, il sindaco di Ascoli Piceno Guido Castelli, in attesa di capire cosa voglia fare da grande Giovanni Toti. La verità è che, fuori la porta, c’è la fila, soprattutto di gente di Forza Italia. Anche l’ex capogruppo Paolo Romani ha cercato un abboccamento ma è stato garbatamente respinto, proprio per evitare l’effetto “buoni per tutte le stagioni”. E altri arriveranno. Eccome arriveranno. Perché Forza Italia è a un passo dal liberi tutti. Le cronache di Arcore, per i titoli finali di questa storia, raccontano che Berlusconi è di nuovo tentato dall’idea di cambiare nome per le europee perché Forza Italia non funziona più. E non gli dispiace affatto l’idea di affidare il partito a Mara Carfagna, nel ruolo di coordinatore. Coccolata come ospite unico nelle trasmissioni Mediaset, proprio come i leader, si prepara a una grande unzione democratica alle europee dove, così pare al momento, sarà candidata. Il successo è annunciato, perché con la doppia preferenza uomo-donna, basta fare accordi in giro – le famose doppiette – e il gioco è fatto. Una volta che sarà la più votata d’Italia di quel partito, è difficile anche per Antonio Tajani resistere alla nomina, come accaduto finora. Immaginate che inferno si è scatenato a corte su questa vicenda, tra gelosie, veleni, tensioni di Eva contro Eva, spifferi che è meglio non riportare. Voi capite, sì, perché Salvini può anche permettersi scene pirandelliane, rifiutando la foto con questa allegra compagnia.