Il mio rapporto inesistente con le donne…

per Davide Morelli
Autore originale del testo: Davide morelli

Un tempo ero molto arrabbiato. Dicevano che per ogni uomo c’erano sette donne. Ero sicuro che sulla faccia della Terra c’era un uomo che ne aveva quattordici perché io ero solo.  Ho cercato la dolce metà in una compagna di viaggio in treno, in una passante, in una amica, in una discotecara, in una ubriaca di un pub, in una compagna di scuola. Non c’è stato niente da fare. Non l’ho trovata. A volte mi sono perso in un mondo di discorsi ed altre in  giochi di sguardi. Ma questa fitta rete di rimandi non ha portato a niente. Essendo di natura abbastanza depresso tendo a dare molta più importanza ai rifiuti che ho ricevuto rispetto ai no dati. Tutto sommato penso che le delusioni sentimentali comportino gravi perdite di tempo e un notevole dispendio di energie. Non ho mai avuto successo con le ragazze. Sono sviluppato a sedici anni. Per molto tempo non sono stato considerato perché troppo basso, esile, mingherlino. I miei antagonisti erano belli e spesso bulli. A diciotto anni quando frequentavo il movimento umanista le fiorentine non mi volevano perché ero pisano. Dovete sapere che a Firenze sono molto aperti con tutti tranne che con i pisani per motivi campanilistici. Più volte tra il serio e il faceto mi dicevano che era meglio un morto in casa che un pisano all’uscio. A Padova ed a Este non andava meglio perché ero considerato un terrone e già a quei tempi la Lega riscuoteva un enorme successo tra le giovani leve. Al ritorno in Toscana non piacevo anche perché ero dichiaratamente anticomunista in una terra rossa. D’altronde non potevo snaturarmi. Comunque alla base di tutto c’era il fatto che non avevo il physique du role. La mia prima delusione sentimentale a sedici anni con una tipa di due anni meno. Mi dichiarai. Mi disse no. Si divertiva a fare la difficile e a rifiutare pretendenti per spirito di emulazione nei confronti della sorella maggiore, desiderata dai ragazzi ed invidiata dalle coetanee. La seconda delusione sempre a sedici anni. Il giorno in cui seppi che ero stato promosso a giugno seppi anche che lei si era messa con un altro. Non parliamo di tutti gli approcci tentati e andati a vuoto! A ventun anni il mio più grande innamoramento all’occupazione della facoltà. Lei era di Alassio e si chiamava Giovanna. Furono sere colorate dal vino. Fu lì che iniziai a fumare. Lei mi dava delle Marlboro Light. Era figlia di due poeti. Fu proprio per conquistarla che iniziai anche io a scrivere. Poi lei mi ha detto no ed il vizio di scrivere mi è rimasto addosso o dentro. Insomma mi è rimasto. In tempi più recenti quando ero commerciante mi ero invaghito di una cronista, che passava sempre davanti al mio negozio. L’ufficio del quotidiano per cui lavorava era al piano di sopra del palazzo. Il gioco di sguardi durò a lungo. Quando però cercai di parlarle neanche mi considerò. Il giorno dopo venne davanti alle mie vetrine a scambiarsi effusioni col suo ragazzo. Era fidanzata. In realtà mi aveva preso in giro. Passai per essere un povero  illuso che desiderava troppo. Miravo troppo in alto insomma. Lei era una bella ragazza e non si sarebbe mai messa con uno sfigato come me. Ora è madre, insegnante e lavora per un altro giornale. Ma intendiamoci furono in molte a comportarsi in modo volubile, scostante, addirittura scontroso. Quelle narrate qui sopra sono le mie più cocenti delusioni. Non so se l’innamoramento è colpo di fulmine o se invece come scriveva Enrico Ruggeri “occupa i capillari molto lentamente”. Non so se si cerca una persona complementare con cui completarsi o soltanto una persona simile. Non so se ogni innamorato sia “fou de love”. Non so se ogni uomo come cantava Gaber di fronte alla parvenza di un amore nuovo sua “istupidito dalla vanità”. Non so se l’innamoramento sia proiezione della miglior parte di noi stessi come sostengono gli psicoanalisti. Mi viene da citare espressioni di testi di canzoni perché qualcuna tra le tante scemenze esprime bene la fisiologia dell’innamoramento. Non ho avuto la fortuna di trovare l’anima gemella, ma ho avuto la fortuna di non subire i danni psicologici ed economici di un divorzio. De André scriveva che “era meglio essersi lasciati che non essersi mai incontrati”. Oggi come oggi non so. Non sono tempi molto poetici e neanche molto idilliaci. C’è una guerra apertamente dichiarata tra i sessi. Non ho provato la gioia dell’innamoramento ricambiato ma non ho ora neanche l’incombenza di una moglie e dei figli a carico. Oggi – non è un luogo comune ma un triste dato di fatto- ci sono tanti separati. Pochi si sposano. In tanti convivono. Mi considero fortunato perché l’impulso sessuale è scemato, non soffro di carenze affettive. Sarebbe impegnativo avere una relazione complicata e conflittuale. Avrei potuto incappare in una che poteva mettere a dura prova il mio spirito di sopportazione. Ritengo che sia meglio stare da solo. Per ora sono autosufficiente. In vecchiaia potrei avere bisogno di una donna che mi accudisca. D’altronde non posso mettermi con una adesso per paura della vecchiaia. Molte persone cercano relazioni perché non sopportano la solitudine. Non sanno stare da sole, provano un senso di vuoto oppure non si sopportano. Io sto bene con me stesso. Adesso non cerco le donne e loro non vengono a cercarmi a casa. Nessuna cerca di portarmi sulla retta via, sostenendo che io non so ancora amare. Un tempo si diceva “cherchez la femme”, ma bisogna avere un minimo di onestà intellettuale. Non ci si può perdere in un mare di recriminazioni. Non si può dare la colpa ad una donna per le nostre scelte e per i nostri errori, anche se ci sono incontri decisivi. Da giovane mi chiedevo se un giorno il mio rapporto problematico con le donne sarebbe stato sempre così e mi dicevo in cuor mio che non si sarebbe mai risolto. Avevo ragione. Ora lo so per certo.

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