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di Corradino Mineo 18 settembre 2014
“Caos Consulta, l’ira di Napolitano. I sindacati, sciopero sul decreto lavoro”, Repubblica. “I veti bloccano le camere. Nuovo patto Renzi – Berlusconi sulla legge elettorale”. “Vertice Berlusconi Renzi: patto salva Italia”, il Giornale. “Il Parlamento ignora Re Giorgio. E Renzi fa il patto di governo con B”, Fatto Quotidiano. “Lavoro, ecco il nuovo contratto”, la Stampa. “Per i neo assunti tuteli crescenti. Scambio articolo 18 ammortizzatori”, Sole24Ore.
Cos’è successo? Ieri pomeriggio Napolitano diffondeva una nota molto dura per accusare i parlamentari preoccupati di garantire, con un quorum alto, l’indipendenza della Corte Costituzionali di non votare poi per ragioni “settarie” i candidati di opposta estrazione politica e di paralizzare, così, il Parlamento. Intanto Berlusconi si incontrava con Renzi a palazzo Chigi (ormai, una consuetudine) e alla Camera mancavano di nuovo i voti necessari per eleggere Luciano Violante e Donato Bruno giudici costituzionali.
Napolitano ha torto. O almeno ha sbagliato destinatari per la sua reprimenda. 1) Per molte volte il Parlamento è stato mandato a votare scheda bianca perché “i partiti” non si erano intesi sui nomi; 2) Quando finalmente, pochi giorni fa, quei nomi sono stati annunciati, deputati e senatori non si sono trovati davanti a una rosa da cui scegliere ma davanti a un pacchetto da votare e basta; 3) Quel “pacchetto” era frutto di un accordo a due, Lotti Verdini, mentre la composizione del Parlamento è ormai tripolare; 4) L’accordo, inoltre, era ambiguo, tanto è vero che il candidato Catricalà è stato sostituito in corsa da Bruno; 5) Quei nomi, infine, non sono stati “spiegati” ai gruppi parlamentari né loro curricula illustrati. Questa è cronaca, signor Presidente.
Con tutta evidenza è l’accordo Renzi Berlusconi che non tiene, lo dice oggi Violante, spiegando che se non fosse eletto la sconfitta non sarebbe sua ma di Renzi. Ma i contraenti di quell’accordo, Renzi e Berlusconi, approfittano della paralisi che hanno provocato per rafforzare il sodalizio. E, con l’appoggio di molta stampa, minacciano di sciogliere il Parlamento per andare a votare con una legge che convenga loro. Bruciano il Reichstag e accusano “i comunisti”. Cari tutti, per evitare la paralisi parlamentare sarebbe bastato procedere altrimenti: dibattito pubblico, rose di nomi, curriculum trasparenti, nessuno escluso dal confronto. Dietro i 101 c’è sempre un inciucio!
Ieri mattina il governo ha presentato in Senato un emendamento alla legge delega sul lavoro che stabilisce per i nuovi assunti “tutele crescenti a seconda dell’anzianità di servizio”. Vuol dure tutto e nulla: una delega in bianco al governo che poi emanerà decreti legislativi per interpretare la norma. Come? Lo ha fatto intendere Renzi, che ha accusato i lavoratori “protetti” di essere portatori di un privilegio assurdo, simile a quello dei Bianchi nel Sud Africa dell’apartheid. “È una posizione di destra” dice Fassina. “Addio diritto al reintegro, non è previsto nemmeno in caso di discriminazione”, Cofferati. Gad Lerner su Repubblica, recupera un Tabellini sul Sole e spiega quale sia in realtà l’obiettivo: “Lasciare più spazio alla contrattazione aziendale e aumentare la flessibilità in uscita per i neo-assunti. Meglio consentire alle imprese meno produttive di far scendere i salari anche sotto i minimi contrattuali, anziché licenziare o ricorrere alla Cassa”. Per uscire dalla crisi si umili il lavoro!
A proposito della politica del governo, Orsina su la Stampa, parla di trasformismo, vecchia italica conoscenza, ma avverte: “(a differenza di Renzi) Giolitti poteva governare un parlamento sminuzzato e caotico perché si appoggiava su tre pilastri: il sovrano; la capacità di convocare e condizionare le elezioni; un controllo ferreo sulla macchina amministrativa, fatto di grande competenza e durezza sorprendente”.
Purtroppo, ma per sua colpa, Matteo Renzi sta andando a sbattere. E rischia di far sbattere l’Italia, visto che manca una qualche ragionevole opposizione a contrastarlo e consigliarlo. Ieri dai “dissidenti” Pd del Senato è partita la proposta di un’assemblea dei parlamentari, la settimana prossima, per discutere del lavoro. Di come creare lavoro non di come umiliare i pochi lavoratori rimasti. Proviamo. Infine, occhio alla Scozia. Se oggi decidesse di separarsi dalla Gran Bretagna, l’Europa verrebbe posta davanti alle sue contraddizioni. Chissà!


