INCLINAZIONI SPIRITUALI
Una cara amica mi chiede da tempo di parlare del tema dell’ateismo. Vi sono naturalmente molte sfumature che vanno dallo scetticismo all’agnosticismo. Secondo me c’è un diffuso timore ed anche paura della conoscenza spirituale. Ma come? È mai possibile che in questa epoca di meravigliose conquiste tecnologiche ci sia paura della conoscenza spirituale? Non possediamo i più elevati poteri di cognizione intellettuale mai visti?
Il fatto è che questo timore non è cosciente ma vive in una regione dell’anima di cui sappiamo poco e vogliamo sapere anche meno. È a causa di ciò che sorgono tutte le ragioni, le difese e le obiezioni possibili alla conoscenza dello spirito. Ma esse non sono altro che le estreme difese di fronte alla paura.
Eppure, ciascuno di noi nel profondo sa più di quello che emerge nella coscienza. Solo che non si impegna per indagare. Si oppone a che questo sapere salga alla superficie. E non si tratta solo di conoscere l’altro lato, ma anche di viverci. Di viverci preparati e adattati. È un po’ come attraversare in anticipo quello che si presenta al momento della morte ed oltre. Ecco che allora risorge e ci invade la paura.
All’epoca dei Misteri in Egitto e in Grecia, con la chiaroveggenza atavica si scorgeva in tutte le cose il principio creativo, il Principio del Padre. C’era il sentimento che il mondo circostante fosse opera divina, che dalla Creazione emanassero tutte le cose. Nel corso del tempo ha avuto luogo una lenta trasformazione dell’organizzazione umana. La conoscenza per immagini si è metamorfosata nella elaborazione di pensiero, e non si è parlato di ateismo fin quando le persone considerarono reali e fondati i primi pensieri relativi alla Divinità e alle cose del mondo. E si intravide il Divino ancora per vari secoli trascorsi dopo il Mistero del Calvario.
Si guardò poi al Cristo come il Figlio di Dio. È come se qualcuno ci parlasse del giovane Esposito, figlio dell’anziano Gennaro Esposito. Noi vorremmo sapere di più di questo caro e misterioso giovane, ma continuano a parlarci dell’anziano, saggio creatore, e ci dicono solo che il giovane è suo figlio.
Si cercò in tutti i modi di vedere il Cristo come un Essere indipendente da cercare nei Vangeli, ma era passato il tempo della visione spirituale, era rimasto solo il Principio del Padre. Si continuò a trovare il Principio del Padre nella Natura esterna. La conoscenza del Cristo divenne fede.
Per avvicinarci al Principio del Figlio nella sua essenza occorre sperimentare una specie di risveglio interno, anche se debole e tenue all’inizio. Dobbiamo risvegliare qualcosa che è sepolto nel profondo e portarlo a coscienza, bisogna prepararsi, cogliere le opportunità. Troviamo il Cristo se le forze dell’anima sono sufficientemente sviluppate. Quindi il Principio del Figlio opera nel sub cosciente e irradia le sue ondate verso la coscienza per emergere.
C’è un terzo principio, il Principio dello Spirito, ed è tutto quello che può essere conosciuto dentro l’orizzonte della coscienza. Nel regno della cognizione abbiamo a che fare con qualcosa che è universalmente umano, più di qualunque cosa che invece si trovi nella realtà del sub cosciente. Il mondo di cui prendiamo coscienza appartiene alla nostra vita cognitiva spirituale.
Con una altra persona la comprensione è possibile nel dominio della vita spirituale cosciente, nel dominio cognitivo. Almeno questa è la speranza e l’anelo per la salute dell’anima: la comprensione nella vita spirituale cosciente. Solo quando trasformiamo le oscure forze, che abitano nella parte più recondita dell’anima, in concetti e idee, solo allora esse entrano nella realtà dello Spirito.
Quindi c’è una triplice inclinazione verso il mondo sopra sensibile, ma essa sarà negata da quelli che non hanno nessuna intenzione o desiderio di conoscere tali mondi. In primo luogo, c’è l’inclinazione a riconoscere il Divino, la Creazione. Riconoscere il maestoso piano dell’evoluzione, interrogarsi sugli interventi, sulle svolte, i compiti attuali.
La seconda inclinazione è quella di conoscere il Cristo, di andare al di là della tradizione che la fede conserva.
La Terza è conoscere lo Spirito, quello che chiamiamo Spirito.
Ci sono persone che negheranno tutte e tre le inclinazioni. Che cosa fa sì che una persona neghi il Divino, la Creazione, il Principio Creatore? Si tratta di un difetto, di una malattia in chi nega ciò che dovrebbe essere almeno capace di sentire attraverso la sua costituzione fisico corporale. Se nega ciò che il sano sentire corporale gli dà, cioè che il mondo è pervaso del Divino, che tutto è stato creato da una infinita saggezza e potenza, ebbene quella persona è malata, è malata nel corpo, anche se la medicina non può curarlo.
Negare il Cristo è invece assunto che riguarda la vita dell’anima. La vita dell’anima di tale persona è ancora limitata e circoscritta per la sua evoluzione attuale. Equivale a una calamità presente attualmente nel karma di quella persona. Se il destino lo consente e vi andiamo incontro, siamo in grado di vedere il Figlio come Essere indipendente e perfetto in sé stesso. In Cristo si troverà in un modo indipendente il Divino spirituale. Cristo ci pone di fronte ai Misteri della nascita e della morte,
E negare lo Spirito equivale a inerzia, ottusità dello spirito dell’individuo a riconoscersi in azione costantemente.
Riassumendo. Vengono coinvolti il corpo fisico, l’anima e la componente spirituale della persona, rispettivamente. Ciascuna di queste componenti a suo modo è stata condizionata da forze avversarie involutive nel trascorso delle incarnazioni.
IMMAGINE: ULISSE, ALBERTO SAVINIO


