Fonte: La Stampa
Le nuove paure del mondo ferito
Questa nuova fase del conflitto tra Israele e l’Iran apre anche a nuove paure e a nuove incertezze. In Israele, sembra per il momento prevalere la soddisfazione per i duri colpi inflitti al nemico di sempre, l’Iran.
Non da parte di tutti, chiaramente, ma certo da parte di una grossa fetta della sinistra, che distingue ora fra la politica di Netanyahu verso l’Iran e quella verso i palestinesi, dimentica del carattere sempre più genocidario che, nel silenzio del Paese, quest’ultima assume, con i quotidiani spari dell’esercito contro le file di quei civili che aspettano di ricevere pane.
Un’analoga difficoltà ritroviamo nelle reazioni degli iraniani e in particolare dell’opposizione al regime degli Ayatollah, sia in Iran sia nella diaspora. Da una parte, gli attacchi che colpiscono zone residenziali e civili non possono non incutere il timore che ci si possa avviare a una situazione almeno potenzialmente simile a quella di Gaza, con molti morti tra i civili. Inoltre, le notizie che giungono dalle città iraniane ci parlano di un irrigidimento del controllo, di strade deserte pattugliate solo dalla polizia, di oppositori considerati complici di Israele e di Trump. In tutto questo le trionfanti definizioni di Trump e Netanyahu, perlomeno premature, sembrano fatte apposta per gettare benzina sul fuoco.
E il resto del mondo? E l’Unione europea, che subito prima dell’attacco di Israele all’Iran sembrava almeno in parte pronta a reagire finalmente alla distruzione di Gaza, a riconoscere uno Stato di Palestina, a isolare Netanyahu e le sue scelte scellerate? Difficile sanzionare chi riceve missili sulla testa, chi si nasconde dietro gli appelli a far cadere un governo di cui tutti auguriamo il crollo, o ricordare che solo pochi giorni prima del 7 ottobre, in una delle grandi manifestazioni contro Netanyahu, i manifestanti gridavano «L’Iran è qui» per sottolineare che Israele si stava avviando ad assomigliare alla Repubblica iraniana.
In tutto questo, le organizzazioni internazionali appaiono sempre più deboli, rese inermi non solo da Israele e Stati Uniti ma anche dalla generale sistematica distruzione di quanto, dopo i disastri della seconda guerra mondiale, era stato ideato per fermare le disuguaglianze, i genocidi, le guerre.
Ci sarà bisogno davvero di una terza guerra mondiale per tornare a questi obiettivi di pace, oppure è più probabile che questa guerra a venire, sperando che non ci sia mai, porti invece ad un mondo organizzato come il regime di Netanyahu o quello di Khamenei, di un mondo dove si uccidono i civili e gli oppositori sventolano sulle forche? La guerra contro l’Iran, quella dell’Iran contro Israele, quella di Israele contro i palestinesi portano a questa tragica equivalenza. Per questo, per tutti noi, vanno fermate.


