Lettera ad una poetessa

per Davide Morelli
Autore originale del testo: Davide morelli

Ieri ho finito di leggere un libro. Ho iniziato a leggerne un altro. Per il resto ho passato il tempo a riposare. Pioveva. Giornata balorda. Per fortuna ho camminato la mattina quando era nuvoloso ma non era ancora caduta una goccia. Il bel tempo può essere una sollecitazione e condurre alla gioia. In una piccola percentuale siamo tutti meteoropatici. Non scherziamo. Siamo tutti sensibili alla relazione tra i nostri stati d’animo e il mutare dei giorni, delle stagioni, del tempo. Ci rispecchiamo sempre nella natura. Un poco di torpore e di tedio insomma oggi, anche se è una cosa di cattivo gusto da scrivere perché c’è anche chi se la passa molto peggio nel mondo. A volte ho la sensazione di essere inerte, inadatto alla vita. Sono rimasto a letto senza pensare a niente ieri sul far della sera. Mi giravo e rigiravo. In sottofondo c’era la televisione del soggiorno del piano di sotto. La realtà è contraddittoria…
La quotidianità può essere noiosa, alienante ma anche rassicurante: viviamo costantemente un rapporto ambivalente con la quotidianità. Cosa sarebbe un uomo senza le sue abitudini? Sono piccole certezze granitiche che tutto è a posto e va bene.
Non cercare l’onestà. È una dote rara. Come la coerenza tra l’altro. Un laico si può chiedere soprattutto se è stato veramente se stesso nella sua vita(autenticità). Un credente può chiedersi soprattutto se ha rispettato la sua fede(coerenza). Dubbi, ripensamenti, tormenti costellano le vite di tutti. Mai fatto parte di una cricca poetica. Anzi le ho sempre criticate sui social. Nella poesia contemporanea quasi tutti fanno parte di qualche cricca ma quasi tutti si lamentano delle cricche altrui. Tutto parte da un equivoco e cioè che il poeta sia una persona sensibile, di grande bontà di animo, che rincorre farfalle ed ama i fiorellini. Ad ogni modo sono pochi coloro che si salvano… Per ora abbiamo letto le loro versioni contrastanti. Di ognuno abbiamo saputo il vissuto, la sua verità. Non sono verità complementari, che si integrano. Sono verità che si smentiscono, si sbugiardano, si annullano vicendevolmente. Probabilmente è stato un susseguirsi di azioni e reazioni e noi non sapremo mai chi ha iniziato. Vanno ascoltate entrambe le versioni senza giudicare in modo superficiale ed affrettato. Ma forse sono solo due facce della stessa medaglia. Forse uno dei due ha dichiarato delle falsità. Forse entrambi sono in cattiva fede. Forse tutto dipende da un segreto impronunciabile o da un equivoco irrimediabile. Non lo sapremo mai. Chi siamo noi per saperlo? Possiamo fare solo delle supposizioni. Farci ingannare da uno dei due o addirittura da entrambi. Chi siamo noi per soppesare torti e ragioni? Chi siamo noi per prendere le parti dell’uno o dell’altro, magari facendo i faziosi? Chi siamo noi per pensarci invece equanimi? Nessuno dei due capisce i motivi dell’altro. Nessuno dei due capisce l’altro. Nessuno capisce il guazzabuglio dell’esistenza. Forse è questa la causa scatenante del male che gli esseri umani si fanno tra di loro. In fondo alla fine tutte le storie si assomigliano perché siamo tutti collegati. Il celebre aforista Morandotti ha scritto: “Se fosse vero che le sofferenze rendono migliori, l’umanità avrebbe raggiunto la perfezione”. Ma un giorno ad ogni modo tutto questo finirà e forse i nostri eroi saranno ricompensati. Per ora sono accusatori ed accusati al contempo. Tutto viene complicato dal fatto che ogni uomo è un paradosso senza soluzione. Sono pressoché infinite le sfumature dell’animo e i giochetti della mente che non si può pretendere di ragionare a rigor di logica riguardo alle vite umane. Il mondo è un immenso contenitore di sofferenze umane. Una domanda sorge spontanea: che ne fa mai l’umanità di tutta questa sofferenza?

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