No, la corruzione non è provinciale

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gustavo Piga
Fonte: Gustavo Piga
Url fonte: http://www.gustavopiga.it/

Gustavo Piga – 11 dicembre 2014

Sabino Cassese sul Corriere della Sera: “il decentramento porta con sé maggiore corruzione: questo risulta da tutti gli studi compiuti nel mondo sulla corruzione“.

http://www.corriere.it/opinioni/14_dicembre_10/punire-corrotti-ma-piu-prevenzione-9c9e4450-8042-11e4-bf7c-95a1b87351f5.shtml

Non sono un fan del decentramento per se. Ma è vero che la frase sopra è sbagliata. Conosco almeno uno studio che dice il contrario, in realtà anche più di uno.

Visto che parliamo di appalti (gli scandali di Roma da lì nascono) e visto che siamo in tempi di potenziale accentramento degli appalti nelle mani di poche stazioni appaltanti (un errore), varrà la pena citare almeno uno studio.

E’  “How Much Public Money Is Wasted, and Why? Evidence from a Change in Procurement Law” di Oriana Bandiera, Andrea Prat, Tommaso Valletti, American Economic Review, Dicembre 2009. A tutt’oggi la più completa analisi degli acquisti pubblici italiani di beni e servizi. Gli sprechi, di corruzione ed incompetenza (ma i due si sostengono spesso a vicenda) sono calcolati sui prezzi di acquisto e divisi per livelli di governo:

Gli enti universitari e le ASL pagano i prezzi più bassi. Paragonati ad essi, il comune medio paga il 13% in più. La differenza aumenta ancora con i governi regionali (21%), gli enti di previdenza (22%), mentre il ministero “medio” supera tutto con prezzi maggiori del 40%”.”

Insomma sembrerebbe che sia il centro a mostrarsi più corrotto.

E poi non scherziamo col fuoco: il Prof. Cassese sa bene quanto l’accentramento degli appalti al centro sarebbe dannoso per le PMI di questo Paese. Non c’è bisogno di aggiungere benzina sul fuoco della recessione più grave da sempre, che sta uccidendo le nostre PMI. Meglio, molto meglio sarebbe, resuscitare le 100 e passa province – dove albergano ottime competenze negli appalti e la giusta vicinanza culturale al territorio – e affidare a loro la razionalizzazione organizzativa degli appalti pubblici.

Cassese prosegue con un altro fattore a suo avviso fautore di corruzione: “quello dei sistemi derogatori, con cui si aggirano le regole sugli appalti. In particolare, a Roma, specialmente dal 2008, con la solita motivazione che le procedure sono arcaiche e farraginose («da sbloccare», nel linguaggio di uno degli indagati), si sono creati percorsi paralleli, meno garantiti e meno controllati.”

Le “regole del gioco” sugli appalti, quelle del gioco “buono”, si aggirano in mille modi, ai fini corruttivi, spesso senza bisogno di deroghe. Condizione  non necessaria, la presenza delle deroghe, ma nemmeno sufficiente, per la corruzione. Spesso le deroghe hanno infatti altra ragione che non la corruzione: l’incapacità di programmare e, a volte, effettivamente l’arcaicità, ma anche l’erroneità delle procedure previste dalla norma.

Che la “scoperta” improvvisa della corruzione non diventi dunque motivo per invocare un nuovo “round” di regole e vietare il necessario passaggio alla maggiore discrezionalità delle stazioni appaltanti che la Nuova Direttiva europea tra l’altro prevede. A scanso di equivoci ribadiamolo: ci vorranno più investimenti nelle competenze, più controlli anche tramite l’aiuto dei dati (ad oggi gelosamente nascosti), più premi e meno regole per un sistema di appalti meno corrotto, meno colluso e più efficace.

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1 commento

Filippo Crescentini 12 Dicembre 2014 - 17:48

Io ho gestito personalmente, in quanto dirigente del Comune di Pesaro, nei diversi ruoli che ho esercitato, le procedure di gara per l’esternalizzazione di una serie di servizi, dalla ristorazione scolastica, ai servizi alberghieri delle case di riposo, all’affidamento in global service della manutenzione delle infrastrutture per la mobilità (ovvero strade, piste ciclabili e marciapiedi). Appalti di importi notevoli. L’ultimo, operativo dal 1 ottobre 2009, valeva 7,8 milioni di euro, aumentabili in funzione delle risorse che il Comune avrebbe potuto destinare agli interventi di manutenzione ordinaria, oltre quanto previsto dai documenti di gara. Ho gestito questi appalti definendone i capitolati e presiedendo, poi, la Commissione aggiudicatrice. Non mi è mai capitato di dover “sentire” la presenza degli amministratori (Sindaco, assessori e consiglieri comunali) durante tutto lo svolgimento delle operazioni, dalla stesura del capitolato allo svolgimento della gara, tutte effettuate con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa (che, a dispetto del nome, non è quella che presenta il prezzo più basso ma quella che porta ad aggiudicare tenendo conto della qualità del servizio e del prezzo, come forse non è noto a chi non è del mestiere). Sono stati così ai margini, gli amministratori, che le uniche parole sull’argomento che ho sentito dire dal Sindaco, in occasione dell’ultimo appalto che ho gestito sono state relative alla domanda di quante offerte fossero pervenute. Ho presieduto i lavori per l’esame delle offerte e per l’attribuzione dei punteggi e, alla fine, ho sottoscritto gli atti di aggiudicazione. Non c’è stata una sola aggiudicazione che non abbia visto il soggetto partecipante alla gara “arrivato secondo” fare ricorso alla TAR, chiedendo la sospensiva degli atti di aggiudicazione. Non c’è stato un solo caso in cui il TAR abbia concesso la sospensiva e non c’è stato un solo caso in cui il TAR abbia accolto un ricorso. Con le leggi in vigore (ovvero con il Codice degli appalti del 2006 e con le norme precedenti) posso testimoniare che è possibile fare gare con capitolati scritti senza intervento di alcun soggetto esterno, svolgere le gare senza nessuna interferenza dei “politici” amministratori (scrivo interferenze perché il Dlgs n. 19/2003 prevede espressamente che le procedure di gara devono essere svolte dai dirigenti, senza presenza di politici, così come, del resto, le procedure di concorso), aprirsi senza alcuna remora al controllo che viene svolto, a seguito di ricorso, da parte del Tribunale Amministrativo regionale. Così come è possibile che ognuno faccia il suo mestiere: i politici a dire cosa vogliono (accettando e condividendo, anche, le proposte e i suggerimenti della “tecnostruttura”), i dirigenti a svolgere correttamente le procedure che sono di loro esclusiva competenza. In conclusione, voglio dire che non c’è bisogno di niente o quasi, sul piano delle normative. Se non ci sono ladri, né tra i dirigenti né tra gli amministratori, tutto fila liscio e nel modo più soddisfacente per i cittadini destinatari dei servizi. Se ci sono amministratori ladri, da soli non riescono a fare niente se non si avvalgono della complicità dei dirigenti. Se ci sono dirigenti che esercitano i loro poteri facendo i delinquenti, per evitarlo basterebbe affidare ad un organo qual è il TAR la verifica – a posteriori – di tutti gli atti di gara, non a seguito di ricorso ma in via ordinaria e su ogni procedura di affidamento che superi un determinato importo. La risposta non va cercata sull’asse centralizzazione-decentramento ma su quello controlli o no. No a controlli da parte di organismi “superiori” di nomina politica, sì a controlli (automatici) da parte della magistratura amministrativa.

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