di Alfredo Morganti – 14 dicembre 2017
Berlusconi parla chiaro, altro che. Vuole ripetere lo schema delle elezioni romane, e dimostra di conoscere un solo piano: quello di far prevalere un centrosinistra debole, da logorare pian piano, in nome di un patto non scritto con Renzi, a cui l’idea di far fuori i ‘comunisti’ garba di più che vincere per davvero (sempre che ne sia capace, sempre che nel patto ci sia questo). A Roma c’era un candidato forte e competitivo della destra, Giorgia Meloni. Ma l’ex Cavaliere non la volle sostenere: prima lanciò un proprio candidato debolissimo, Bertolaso, poi appoggiò Marchini, un outsider. Di fatto si adoperò per agevolare Giachetti, facendo tuttavia prevalere 5stelle (in ciò alleato con Renzi, che voleva dimostrare sulla pelle di Roma come i grillini non fossero in grado di governare). Un gioco al massacro, in sostanza, dove le vittime sono, innanzitutto, il sistema politico, le istituzioni, il Paese. Cosa sta facendo adesso a livello nazionale? Consapevole della forza elettorale del centrodestra, pare quasi opporsi a questa avanzata nei sondaggi che lo vedrebbe pari e patta con Salvini. Che fa quindi? Tira fuori l’idea di Gentiloni come premier debole della prossima (breve) legislatura. Una specie di frenata, un katechon all’amatriciana, una larga intesa minimale, un patto ‘oggettivo’ con il PD renziano, che ‘stoppi’ da una parte gli appetiti salviniani, e dall’altra (facendo felice Renzi) quel basso differenziale di sinistra che c’è ancora, in termini residuali, nel PD. Nei giorni scorsi, aveva tirato fuori la storia del Generale premier, anche lì scatenando Salvini: Berlusconi, come vedete, segue il suo piano ed è molto determinato.
A che gioco giocano l’ex Cavaliere e Renzi, dunque? Al solito. A un’alleanza, un inciucio, un accordo tra ‘gentiluomini’, lo stesso patto di Arcore: ‘tagliamo le ‘ali’, rendiamole inoffensive (Salvini da una parte, i ‘comunisti’ dall’altra); facciamo convergere il sistema al centro (ma un centro asettico, aziendalista, tecnico, ‘repubblicano’, conservatore); spostiamo, quindi, l’asse politico e culturale sulle riforme che servono al Paese, in modo da neutralizzare le istituzioni, verticalizzare la democrazia, personalizzare il potere, mediatizzare l’opinione pubblica, fondare sul consumo il consenso, restringere la base elettorale; fatto questo ce la giochiamo alla pari, e vinca il migliore. Da ciò, l’idea di abbassare il tasso di polarizzazione tra centrodestra e centrosinistra, accentuando invece la competizione con il terzo polo (M5S), e facendo di tutto affinché una quarto polo (la sinistra unita) non possa crescere. Dico banalità che, ormai, sono sotto gli occhi di tutti, tanto appaiono evidenti. Perché c’è un po’ di nervosismo? Perché Salvini non demorde, i 5Stelle mantengono le posizioni e, soprattutto, la sinistra si unisce, costituendo il vero elemento indigeribile del piano renzo-berlusconiano. Di qui gli strappi di Berlusconi, le scosse che tende a imprimere al sistema politico: in ultimo, quella di Gentiloni premier e della mini-larga intesa che ne verrebbe ‘naturalmente’. Un movimentismo che sfila all’alleato Renzi l’agenda politica, e intanto prepara una futura riscossa personale, oltre i sogni e le ambizioni salviniane. Sono motivi (tanti) per far crescere la sinistra unita, unica forza davvero in grado di rompere questo schemino politico che già sta portando l’Italia allo sbando e in futuro anche peggio.