Per un punto di share

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Corradino Mineo
Fonte: facebook
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di Corradino Mineo – 1 ottobre 2014

“Renzi: grazie a bonus e TFR 180 euro in più in busta paga”.  Ecco cosa la Stampa ritiene dell’ultima esternazione televisiva del premier. Una promessa a chi meno ha. Avrete più soldi da spendere nonostante la recessioni prosegua (-0,3%) e i senza lavoro (figli, mogli, sorelle e fratelli) aumentino (12,3% i disoccupati, 42,2 i giovani senza lavoro). Dunque, il TFR in busta paga per raddoppiare l’effetto bonus. Meno male? Il Corriere non ne è convinto. Fracaro e Saldutti spiegano in prima pagina come dal TFR ci si aspettasse già almeno altre tre cose, alle quali si dovrà ora rinunciare. Mettendo quei soldi  in tasca: “all’Inps verrebbero a mancare tre miliardi l’anno, i fondi pensione potrebbero contare su meno risorse e le aziende si vedrebbero private di una fonte di credito decisiva”.

Repubblica fa un titolo bizzarro e che sembra contraddire quello che la ministra Boschi ieri sera ha raccontato a Giannini. “Lavoro, i ribelli del Pd all’attacco di Renzi”. Ribelli, all’attacco? Ma non erano stati “spianati”? Povero lettore, ha di che farsi venire un bel mal di testa. Ieri, alle 18 della sera nella sala Aldo Moro della Camera dei deputati, dopo aver votato per i giudici della Corte Costituzionale (“scheda bianca”, l’indicazione del patto del Nazareno) si sono riuniti i senatori firmatari dei 7 emendamenti alla legge delega per il lavoro. Emendamenti che non saranno ritirati, giacché – si è detto –  il documento Taddei approvato dalla Direzione del Pd prevede di garantire tutele a chi non ne ha (e per questo ci vogliono corposi investimenti), di abolire buona parte dei contratti capestro oggi in uso, di creare un’agenzia dell’impiego che accudisca licenziati e disoccupati. Tutte cose che nella delega non c’erano e che sono almeno ventilate in quegli emendamenti. Se poi il ministro Poletti presenterà un maxi emendamento, i senatori si riservano di presentare loro sub emendamenti. Come si fa in Parlamento.

Sovversivi, renitenti alla purga? La verità è che i giornali, trattando la politica come fosse una partita di calcio, avevano esultato ieri per il 4 – 0 di Renzi, trascurando di segnalare quanta acqua il premier aveva messo nel suo vino. Se infatti il documento approvato, da 130 renziani e diversamente renziani, dovesse essere preso sul serio, a non votare la legge delega lavoro potrebbero essere Sacconi (NCD) e Ichino, oltre che Forza Italia. Il Giornale oggi denuncia una “Mezza retromarcia sul lavoro” e titola: “Occhio, Renzi tentenna”. Se invece il governo dovesse dire: in Direzione abbiamo scherzato, la delega resta così com’era, cioè in bianco, di tutele  e di investimenti ne parleremo tra qualche anno, il rischio è di trovarsi davanti a un dissenso largo. I 7 emendamenti essendo stati firmati da un minimo di 31 e un massimo di 39 senatori.

Renzi esclude (per ora) di porre la fiducia, continua con gli slogan: al Washington Post ha detto “la gente e con me, non con i sindacati”, a Ballarò “Ogni volta che parla D’Alema io guadagno punti” (nei sondaggi). Insomma va avanti, tra annunci e pasticci. Oggi Tito Boeri esamina per Repubblica il pasticcio che si prevede per l’articolo 18 : resta la possibilità del lavoratore di essere reintegrato in caso di licenziamento discriminatorio o disciplinare. La norma rischia di essere così confusa da non servire né al lavoratore né all’imprenditore che lo vuole licenziare per ingiusta causa. Leggete Boeri!

Intanto i giornali discutono una questione modernissima e per nulla ideologica: dobbiamo chiamarli imprenditori o padroni? Non  ho studiato abbastanza, lo confesso. Tuttavia conosco industriali che hanno fatto delle necessità (della crisi) virtù,  hanno puntato tutto sul mestiere e l’affidabilità degli operai, industriali che producono ed esportano prodotti di qualità, o anche prodotti tradizionali, ma fabbricati a seconda della bisogna del mercato, senza magazzino, abbattendo i costi di produzione grazie alla capacità (e alla flessibilità) artigiana delle maestranze. Costoro vivono a fianco degli operai, talora si danno persino del tu. E conosco pure gente come i Riva, che hanno avvelenato Taranto e portato i soldi all’estero perché non si sporcassero. Conosco padroni e padroncini che hanno chiuso (c’è la crisi, bellezza!) trasferito i debiti sul groppone della collettività, nascosto i soldini per poi riaprire, con meno dipendenti e più precari, aiuti pubblici e qualche applauso.

Forse “si spaccano la schiena” gli uni e gli altri. I primi in genere, pagano le tasse. I secondi evadono o eludono, anche se pure loro (poverini?) debbono sottrarre qualcosa al profitto per lubrificare gli ingranaggi della corruzione e distribuir tangenti.

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