PERCHE’ LEGGO
Ha ancora senso leggere libri?
Secondo lo scrittore messicano Juàn Rulfo, uno dei principi della creazione letteraria è l’invenzione, infatti ogni scrittore che crea in fondo è un bugiardo, la letteratura è una menzogna, ma da questa menzogna si crea nuovamente e si approfondisce la realtà. Si potrebbe dire più precisamente che la scrittura si avvale di artifici, trattandosi di manifestazione artistica e dunque di tecnica, di fattura, di produzione di qualcosa di nuovo. E in questo nuovo si scoprono aspetti non noti in partenza, e dunque si ha un arricchimento di esperienza. Sono convinto anch’io, e vedo da tempo in ogni lettura di racconti e romanzi una occasione per scoprire nuovi aspetti della realtà ineffabile. È bene rendersi conto che chi scrive ha sempre a disposizione una scacchiera prodigiosa di suggestioni e insinuazioni di cui si serve saggiamente per organizzare la trama, e ciò anche nel realismo più ortodosso.
Viene spesso in mio aiuto la poesia. Non rimango impassibile di fronte alla poesia, perché sto entrando in un territorio fatto di mistero, di possibilità infinita, di critica della vita, di risposta di fronte alle carenze umane, un tentativo di raggruppare forze che si oppongono in questo universo retto dalla distanza e dal tempo. Una volta acquistato l’equilibrio necessario per navigare, il mondo comune mi appare monotono e asfittico nella sua falsa precisione. Si cerca allora di esplorare nelle immense cave dei sogni, di distruggere le corazze dell’oblio, abbandonarsi ai ricordi.
E si scopre la parola ignorata, la parola che condensa la luce resa evidente e che giaceva sepolta nel fondo di ognuno di noi, e quella parola comincia ad essere pronunciata. È il momento della rivelazione, quei rari e fugaci momenti in cui si fa luce, quando per istanti conosciamo il nostro essere.
La poesia è puro sforzo arduo, non pillola preconfezionata.
Spesso e volentieri mi sono lasciato affascinare da un mondo di fantasia, e ho intrapreso il viaggio di esplorazione nei territori fantastici. Ricordo due enigmatiche storie fantastiche, dove l’indagine cognitiva e la narrazione sentimentale tessevano un geniale connubio in una irresistibile seduzione del lettore-tale la parola. Dovetti faticare non poco per distinguere il divario tra ciò che la scienza ammetteva e quel mondo “impossibile” denso di significati ed emozioni. Sentivo anche certa perplessità morale, ma essa si sfumava e passava ad un secondo piano, a causa dell’intreccio delle storie d’amore e la seduzione avvincente basata sull’impossibilità “tecnica” dell’amore tra due individualità. Ne emersi con tutta l’inquietudine sulle manipolazioni della personalità, era palese l’anticipazione (siamo nel 1940!) su temi oggi attuali della relazione copia-originale, artificiale-naturale, attraverso una rigorosa vicenda fantastica, in un processo che vede l’artificiale prendere il sopravvento sul naturale, la copia prendere il sopravvento sull’originale.
Ho proseguito con altre letture sulla scia del fantastico che anticipa e rivela la corsa verso l’artificiale, dove si espongono le preoccupazioni morali legate alle nuove scoperte scientifiche, ai viaggi nel futuro, a nuovi umanoidi e nuove razze, dove non sempre il futuro è il posto migliore. Anzi terrificante, perché terrificante sarebbe il risultato di un qualsiasi tentativo umano di imitare lo stupendo meccanismo del Creatore del mondo. Ricordo uno particolarmente anticipatore sulla censura dei libri, cercati e bruciati per mantenere l’ordine, in un mondo in cui si temono le idee. Dove la lettura e l’anelito per la conoscenza sono un atto eroico. Precorreva i tempi odierni quando i libri si stampano a profusione e non sono affatto scoparsi, ma paradossalmente sono usciti dall’orizzonte percettivo di tanti che non leggono affatto, come in una auto censura.
La lettura di racconti frutto della fantasia e dotati di verosimiglianza col reale è sempre istruttiva, fruiti per istruire e far riflettere su abitudini mentali e pregiudizi morali. Alcuni di essi sfociano nel comico e umoristico, e contemporaneamente mi rende pensieroso sul modo in cui affrontare le vicissitudini di ogni giorno.
E vi sono poi quei libri che mi hanno spinto su nuovi spazi di immaginazione, quello svelare la vita trasfigurando mentre si racconta. Sono libri per farsi portare per mano in viaggi lucidi di compassione, come quando si apre la ferita per farne uscire il male. Dopo queste letture, mai più si vedono gli stessi volti di prima, cominciano ad apparire facce gialle e malate, corpi piegati, sorrisi che sono smorfie, risa vuote.
Ecco. Mi guardo dalle facili generalizzazioni, il mio punto di vista è periferico e soggettivo. Leggo perché conosco altri mondi e altre sensibilità che si dedicano a raccontare, mentre in fondo parlano di sé. Si stringono belle amicizie con autrici e autori, impercettibilmente, mentre si legge e si rilegge.
FILOTEO NICOLINI


