Pretendenti al posto di Vasco Errani: tutto esaurito!

per mafalda conti
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Fonte: Facebook

Fausto Anderlini – 20 agosto 2014

Personaggi, interpreti, altre ed eventuali.
Scarne riflessioni dopo la lettura della Repubblica di ieri (pagine locali-regional, oggi non sono uscito a comprare i giornalii).

Primarie, ovvero del programma e del metodo. Per non parlare solo di nomi. Ma io dico, invece, parliamo proprio dei nomi, perchè il resto è materia non per profani, cioè per storici e analisti. Non necessaria, e persino dannosa, per chi la politica la fa. E la politica, mi verrebbe da dire parafrasando John Rawls, è quell’attività che agisce sotto il velo dell’ignoranza. Per questo non guarda in faccia a nessuno e e se ne fotte di ogni fisima.

Partiamo da un presupposto. Il grande Vasco, che per me è bello, il miglior sosia di Lo Cascio, è stato in questa regione come Metternich. Un tessitore. Un conservatore illuminato. Ha gestito al meglio, per quanto era possibile, il ‘modello emiliano’ e la sua fase di palese difficoltà. In tempi avversi. Soprattutto per il venir meno del suo principale pilastro: un grande partito socialdemocratico. Che è stato sostituito da un guazzabuglio di piranas chiamato PdR. Perciò l’eredità del lungo regno di Errani è pesante. Difficile da portare. Suggerirebbe inventiva certo, ma anche cautela. Invece…..

Patrizio Bianchi ha un palmares letteralmente terrificante, per gli incarichi accademici e istituzionali. Come i prodiani in genere e gli appartenenti alla setta Mulino Nomisma e associati ha quella virtù è quella tipica inclinazione immaginifica che permettono di vendere al meglio, in quel crocicchio fra politica e società civile che è il mondo accademico, prodotti scarsi in un mercato inflazionato dalle attese. E’ stato Rettore a Ferrara e ha coperto svariati incarichi nazionali come consulente e membro di consigli di amministrazione sotto la paterna malleveria di Romano Prodi. La sua produzione scientifica è vasta ma non sono in grado di giudicare le sue attitudini speculative. Di lui lessi un solo libro (divisione del lavoro e ristrutturazione industriale), quello che lo segnalò al grande pubblico (il nostro) sull’inizio degli ’80. Lo trovai abbastanza modesto, ma comunque migliore del libretto sulle ceramiche che immortalò Romano Prodi come grande economista industriale. Sicuramente ha maturato un beckground gestionale di grande rispetto, ma le sue capacità politiche (che sono altra cosa, sostanza impalpabile ma cruciale) restano ignote. Del Bono, altro rampollo della scuola, ne aveva sicuramente di proprie ma fini in disgrazia per le sue incontinenze e per un destino cinico e avverso. Per il resto c’è da segnalare la peculiare abilità dei prodiani. Lo sciacallaggio astuto. In altre parole, la capacità ‘pseudo unitaria’ di infilarsi nelle lotte di potere interne alla filiere politica dominante nella regione. Quella post-comunista. Un aspetto che lo rende pericoloso ? Chissà. Intanto sappiamo che ha un certo appeal elettorale. Piace a Di Mascio, di cui è stato docente, e a Mauro Felicori, che è sempre a caccia di talenti fuori concorso, fra i viventi, ma anche fra i defunti.

Francesca Puglisi, grande elettrice, quasi pasionaria, di Richetto er baro, per quanto dubito sia giocatrice di scopone scientifico, rappresentante del genere dotata di charme, è una tipica scalatrice incognita che dai movimenti di ‘quasi base’ politico-femminili (come le Rose Rosse con cui accompagnò alla rovina la Bartolini e tutti noi, riuscendo però a non pagare alcun dazio – elemento rivelatore di quelle capacità mimetiche e di quel tanto di pelo sullo stomaco che nel mondo di oggi contano) è riuscita ad acchiappare il bingo delle grandi nomination parlamentari. Cosa che l’ha resa invisa, per invidia, a tante altre donne meno fortunate.

Della fregola con cui costoro, il Bianchi e la Puglisi, entrambi abili nel gioco delle ‘nomination’, per quanto così diversi l’uno dall’altra, rivendicano le primarie c’è da dire: ‘ma di quale favola stiamo narrando’ ? Di sicuro non la vostra.

Di De Maria, l’ultimo chierico uscito dalla sagrestia del Pci, ho già scritto, Non riesco ad averlo in antipatia, E’ un perpetuum mobile e ha il dono di capire molte a coso al volo. E’ quickly come e più di Renzi, ma gioca a suo sfavore il non potersi liberare dell’mprinting originario di quel seminario. Il suo discorso sulla regione è saggio e accorto, essendo consapevole della delicatezza della situazione. Da abile navigatore sta pilotando i cuperliani sconfitti al rendez pous con i renziani di seconda generazione, cioè verso l’unificazione delle membra desjecta dei post-bersaniani. Propende per Bonacini, si capisce ma….

Non è chiaro se il Bonacini abbia davvero la stoffa per guidare l’impresa, soprattutto se le sue tergiversazioni sono il frutto di un accorto tatticismo sui due tavoli (locale e nazionale) oppure il sintomo di una esiziale titubanza. Un uomo politico ambizioso non dovrebbe aver dubbi: un governatorato di una regione clou è senz’altro la più appetibile delle basi di lancio (a Renzi bastò lucrare una provincia e poi un comune…). Mentre un incarico nazionale all’ombra dei capricci e delle aleatorie fortune di un capo non sembra quanto di meglio. Ecco non è chiaro se Bonacini sia davvero ambizioso oppure sia tarato dal vizio della mediocrità burocratica. Staremo a vedere.

Manca invece sembra avere buoni attributi per riuscire nell’impresa nella quale Bonacini latita. Renziano della seconda ora ma non geneticamente modificato ha dalla sua competenza, maturità anagrafica, freddezza, e, ci si augura, non la fragilità biologica che giocò Andropov (col quale l’Urss avrebbe avuto forse altro destino). Soprattutto ha la malleveria di Errani e questo ne certifica pregi e difetti. Ovvero la prudenza del continuismo, ma anche il limite che in molti gli rinfacciano. E’ vero che dietro ha la spina della revoca anzitempo degli obblighi come Sindaco di Imola (città peraltro esattamente sulla cerniera geopolitica cruciale emiliano-romagnola), ma questi son tempi d’eccezione. Nei quali, come si sa, le occhiute deontologie vanno a farsi benedire.

Restano Richetti e Balzani. Gli outsider, ovvero gli apprendisti stregoni predestinati a rendere palese la nemesi come disastro necessario. Del ragazzo dal ciuffo, l’abile democristianino della provincia modenese che è riuscito a togliere il vitalizio a quelli che lo seguiranno, al motto ‘apres moi le deluge, pur essendo giovanissimo e avendo combinato ben poco nella vita, tutti conosciamo la palese inadeguatezza, persino antropologica prima che politica. Un ottimo maraglio da balera, ignorante come uno sdazzo. Del resto ha come suo sponsor la Puglisi e questo basta e avanza.

Molto interessante invece il Balzani. Storico brillante (la Romagna ad esempio è un bel libro) l’ex sindaco di Forlì è un tipo dinamico e impertinente. Di scuola repubblicano spadoliniana è riuscito con abile mossa, anticipatrice del Renzi, a scalare il Pd forlivese, cioè uno dei tanti masi chiusi post-comunisti infragilito e accartocciato su sè stesso. Attualmente affascina i civatiani, come sin dall’origine della sua avventura, per quel tanto di radicalismo neo-democrat che per molti versi lo accomuna a un tipo come Marino (grande chirurgo che talvolta ho avuto l’ardire di definire un idiot savant de la politique). E’ quello che spariglia, insomma. E dà fiato alla cd. partecipazione democratica dal basso. Con intelligente cattiveria mette il dito nella piaga dell’assente elaborazione programmatica, ma a parte i colpi di testa di quand’era sindaco non è che abbia frecce particolarmente elaborate nella sua faretra. Si capisce che vuole uscire dal ‘modello emiliano’, piuttosto che provare ad emendarlo. Cioè vuole andare verso il buio e l’avventura. Cosa che lo rende, per quest’aspetto, anche pericoloso. Di una cosa sono certo. Con lui non ci sarebbe nessun paradiso spadoliniano sulla terra, ma lo sfascio della classe politica regionale e della stessa regione. Un esito, il muoia Sansone con tutti i filistei, che a molti può comunque interessare. Va detto, in finale, che fra tutti è l’unico a poter pretendere le primarie, essendo un apprendista stregone in proprio, un maghetto, non un nominato. Uno spadoliniano,e il giovannone era, come noto, amante della buona cucina. Ci mancava solo questo.

Avanti che c’è poco posto. Tra poco tiriamo giù la saracinesca. Dopo lo spadoliniano, il maraglio, il trucido prodiano, l’uomo che lega i masi e il sor tentenna, tutto esaurito.

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