Fonte: facebook Valigia Blu
da Valigia Blu – 19 giugno 2018
Ecco la nostra proposta di argomenti per l’agenda politico-mediatica
1) Secondo Eurostat l’Italia è il Paese che conta, in valori assoluti, più poveri in Europa. Nel 2016, secondo i dati Istat, si stima siano 1 milione e 619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, nelle quali vivono 4 milioni e 742mila individui.
https://bit.ly/2MqapTb
2) La disoccupazione giovanile in Italia nel 2017 è mediamente del 34,7% (Germania 6,8%, Repubblica Ceca 7,9 %). Calabria, Campania e Sicilia tra le peggiori dieci regioni europee.
https://bit.ly/2JFvL13
3) L’Italia si conferma maglia nera in Europa per la quota di Neet, i giovani tra i 18 e 24 anni che non hanno un lavoro né sono all’interno di un percorso di studi. 25,7% a fronte di una media europea del 14,3%.
https://bit.ly/2JZN0K0
4) Nel 2016 sono partiti per andare all’estero 124mila italiani. Secondo il Rapporto Italiani nel Mondo 2017 di Migrantes, continua la ricerca di lavoro degli italiani all’estero, in aumento del 15,4% rispetto al 2015; aumentano soprattutto i giovani: oltre il 39% di chi ha lasciato l’Italia nell’ultimo anno ha tra i 18 e i 34 anni (+23,3%). Il 9,7% ha tra 50 e 64 anni e sono i “disoccupati senza speranza” rimasti senza lavoro. Dal 2006 la mobilità italiana è aumentata del 60,1%.
https://bit.ly/2K3lYB9
5) Evasione fiscale. Secondo dati Istat stima per il 2015 economia sommersa e attività illegali in Italia valgono 208 miliardi di euro, il 12,6% del PIL.
https://bit.ly/2wNezMw
6) L’ultima Relazione annuale della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo offre un quadro allarmante della penetrazione delle organizzazioni mafiose nella politica, nell’amministrazione pubblica, nell’economia e nell’azzardo, con una persistente capacità di corruzione. Sono oramai molte le indagini che hanno rivelato come le mafie, in particolare la ‘ndrangheta calabrese, tengano in mano «settori nevralgici della politica, dell’amministrazione pubblica e dell’economia, creando le condizioni per un arricchimento, non più solo attraverso le tradizionali attività illecite del traffico internazionale di stupefacenti e delle estorsioni, ma anche intercettando, attraverso prestanome o imprenditori di riferimento, importanti flussi economici pubblici ad ogni livello, comunale, regionale, statale ed europeo».
https://bit.ly/2JSk8TR
7) La spesa italiana in Research&Development, ricerca e sviluppo, resta al di sotto delle media Ue: l’1,29% del Pil nel 2016, contro il 2,03% degli standard europei. L’equivalente di 21,6 miliardi di euro, contro i +92 miliardi investiti dalla Germania. Quattro volte di meno.
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8 ) Secondo uno studio della Commissione europea, presentato lo scorso anno, siamo agli ultimi posti in Europa per copertura fibra ottica.
https://bit.ly/2z59Lna
9) Bassa produttività. “La scarsa crescita economica che da un ventennio affligge l’economia italiana è imputabile al ritmo stagnante della produttività… Un’economia che non è in grado di accrescere il proprio livello di efficienza, nel lungo periodo, perde competitività sui mercati internazionali, fatica a espandere i redditi e il benessere dei propri cittadini, vede ridursi lo spazio per ripagare un elevato debito pubblico”.
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10) Treni e rete ferroviaria. Secondo Istat, il nostro Paese è uno tra i meno attrezzati d’Europa con i suoi 28,3 chilometri di ‘ferro’ ogni 100mila abitanti.
https://bit.ly/29LKx3I
11) Siamo il paese che investe meno sui giovani. “L’Italia ha «pochi laureati» nella fascia 20-34 anni, con «performance inferiori alla media» e l’handicap dell’ormai celebre mismatch, la discrepanza tra abilità possedute e qualifiche richieste dai datori di lavoro. Dietro ai numeri del rapporto Ocse 2016-2017, però, c’è un altro record negativo. L’Italia è relegata agli ultimi posti su scala europea per investimenti sui giovani, in tutte le declinazioni del termine: spese in formazione (circa il 4% del Pil, peggio della Grecia), spese in formazione terziaria (7 miliardi nel 2013, contro i 28 messi sul piatto dalla Germania) e politiche attive di inserimento nel lavoro (appena lo 0,36% del Pil, contro uno standard internazionale dello 0,57%). Senza contare un’ulteriore barriera di ingresso, più diretta, per gli studenti universitari: le tasse. Come segnala la stessa indagine Ocse, gli universitari italiani pagano rette più alte della media di paesi come Francia e Germania senza ricevere le stesse sovvenzioni dei coetanei iscritti all’estero”.
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