di Pina Fasciani – 19 giugno 2018
Mia madre mi raccontava sempre un episodio che mi è rimasto impresso nella memoria.
In casa non avevamo l’acqua e lei, come tante donne di allora, andava alla fonte per strada a prenderla. Un giorno vicino alla fonte incontrò una donna bellissima, con una massa di capelli lunghi, neri corvini. Piangeva e si pettinava i capelli. Cadevano a ciocche vistose. Mia madre le si avvicinò e le chiese cosa avesse fatto. Le rispose che un gruppo di uomini del paese l”avevano picchiata e violentata e che non riusciva più a tornare dai suoi parenti per la vergogna.
Mia madre l’aiutò naturalmente. Ma cio’ che la colpì di più furono quei lunghissimi capelli neri, lucidi , forti e ora spenti dal dolore. Non li dimentico’ mai.
Come io non ho dimenticato.
Era una rom.
#iosonorom
#censiteancheme
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una variante alla poesia di Martin Niemöller del 1946 ritenuta erroneamente di Bertolt Brecht
“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare
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I versi originari di Martin Niemöller recitano: «Quando i nazisti presero i comunisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero comunista./ Quando rinchiusero i socialdemocratici/ io non dissi nulla/ perché non ero socialdemocratico./ Quando presero i sindacalisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero sindacalista./ Poi presero gli ebrei,/ e io non dissi nulla/ perché non ero ebreo./ Poi vennero a prendere me./ E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa