di Luca – 24 giugno 2017
Il pensiero Socialista si riaffaccia, finalmente, in tutta europa.
I suoi detrattori si sono accordati su un nuovo mantra che viene ripetuto all’infinito : “il novecento è finito”.
Il concetto è piuttosto semplice, tanto che per assimilarlo basta un calendario.
Quello che è più difficile da comprendere è perché il duemila debba essere peggiore del novecento invece che migliore; quello che proprio non si capisce, e che nessuno vuole spiegarci, è perché la fine del ventesimo secolo, invece di portarci avanti nel ventunesimo, ci debba riportare indietro al diciannovesimo, con il padrone delle ferriere in brache bianche che guarda i Lavoratori entrare in fabbrica a capo chino, senza voce e senza diritti.
Io non penso a me stesso come ad un nostalgico, ma proprio non riesco a capire cosa ci sia di vecchio nei diritti, nelle tutele del Lavoro, nell’uguaglianza.
Se la politica ricomincia a parlare di diritti invece che di potere, di banche, di mercati che non gradiscono, di cerchi e gigli magici è una roba vecchia?
Ci sono valori che non saranno mai superati, ma sono invece simbolo di modernità.
E, soprattutto, ne abbiamo un gran bisogno.
Per anni, in una sbornia pragmatica che non ha risparmiato quasi nessuno, ci siamo raccontati che quello nel quale viviamo è il migliore dei mondi possibili, non è vero.
È un mondo fatto di disuguaglianze, di fame, di ingiustizie e di prevaricazione; un mondo nel quale otto persone posseggono la ricchezza di tre miliardi e mezzo.
Ricominciare a parlare di Socialismo oggi vuol dire innanzitutto affermare con forza che questo tipo di mondo non ci va più bene.
Chi si occupa di politica ha, come prima missione etica, quella di farsi carico del compito di migliorare lo stato delle cose.
Se poi questo è vecchio vorrà dire che siamo vecchi.
Ce ne faremo una ragione.
