Fonte: i Gessetti di Sylos
di Giovanni La Torre – 11 ottobre 2018
Alcune considerazioni sul NADEF (in attesa della legge) – Prima parte
Sono molto dubbioso sull’utilità di commentare la manovra economica del governo prima che la stessa si concretizzi in vere e proprie leggi. Lo stesso ministro Tria scappò dalla riunione di Bruxelles non per spocchia, come molti hanno rilevato, ma perché il documento che aveva in mano era molto lacunoso e soprattutto privo di cifre e quindi non sapeva che dire ai colleghi europei. Oggi comincia a esserci qualcosa di ufficiale: la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF). Non è molto, ma è qualcosa. Certo mancano i dettagli e, si sa, il diavolo si nasconde proprio in essi. E noi già sulla presunta lotta alla ludopatia smascherammo la bufala dopo aver letto la legge vera e propria (v. “gessetto” n. 389 del 3/8/18), quindi si dovrà poi tornare sull’argomento.
Partiamo dai numeri più citati, quelli del disavanzo pubblico: 2019 -2,4% del Pil, 2020 -2,1%, 2021 -1,8%, livelli che sono sensibilmente superiori a quelli sollecitati dall’Ue, da qui le polemiche in corso con Bruxelles, nelle quali Di Maio e Salvini calcano la mano in vista delle elezioni europee della prossima primavera.
Quegli sforamenti vengono giustificati con la considerazione che si tratterebbe di una manovra per il popolo e non per le banche e la finanza e, dagli economisti di area, per dare un colpo all’austerità con una bilancio finalmente keynesianamente espansivo. Ora, sono costretto a ripetere una cosa che ho già detto altre volte e cioè che fino a quando presenteremo un “avanzo primario” il nostro bilancio pubblico sarà sempre “recessivo” e il NADEF prevede degli avanzi primari sensibili: 2019 +1,3% del Pil, 2020 +1,7%, 2021 +2,1%. Certo sono inferiori a quelli pretesi dall’Ue e a quello che sarà per il 2018 (+1,8%), ma sempre di avanzi primari si tratta. Quindi dire che la manovra è espansiva è inesatto, quello che si può dire è che sarà meno recessiva della precedente e di quella pretesa dall’Ue, ma sempre di bilancio recessivo si deve parlare. Gli interessi, che sono la causa del disavanzo finale, non creano domanda. Ci tengo sempre precisare questo per spuntare in anticipo l’arma dei neo liberisti pronti a dire che Keynes non funziona, qualora il Pil non dovesse crescere a dovere.
Lo sforamento serve a recuperare le risorse per le due promesse principali delle forze governative: reddito di cittadinanza per il M5S e superamento della Fornero per la Lega, in totale 15 miliardi. Tralasciamo la considerazione se i fondi siano sufficienti per rispettare le promesse (per questo attendiamo la legge), e facciamone un’altra più generale: valeva la pena dare battaglia all’Ue per questi provvedimenti o non era meglio farla per altre cose?
Nel precedente “gessetto” ho recensito positivamente il documento che il ministro Savona ha redatto e inviato alla Commissione europea. In quel documento si parlava giustamente di avviare una politica europea della domanda e a tal fine si parlava di “investimenti”, sia comunitari che nazionali. Si accennava poi ai surplus eccessivi della Germania. Entrambe queste linee guida/denunce non hanno trovato spazio nei dati del documento che stiamo commentando e questo, mi permetto di dire, è grave. Litigare al punto di dire “me ne frego dei mercati e dell’Ue” per aumentare dei trasferimenti dallo stato ad alcuni cittadini, sia pure giustificati con esigenze di tipo sociale, consolida certi luoghi comuni sull’Italia, un paese che pensa al beneficio immediato e a “regalie” indebitandosi, senza pianificare seriamente il futuro, con il risultato che quei provvedimenti di soccorso di breve periodo saranno sempre necessari.
Una delle misure che portò al fallimento la Grecia fu la pensione riconosciuta alle donne non sposate. Anche quella misura aveva giustificazioni sociali, pensate a una donna che resta sola senza lavorare, ma in tutti questi casi si tratta di provvedimenti di breve periodo che non risolvono alla radice le cause dei mali, che sono due: la scarsa crescita e la scarsa equità del sistema.
Ci pensate se il governo avesse annunciato che quei 15 miliardi erano destinati all’Università, alla Scuola, alla Ricerca, a Infrastrutture moderne? Chi in Europa avrebbe avuto il coraggio di opporsi? E invece si preferisce proseguire con le mance renziane, solo più corpose, e per queste litigare con l’Europa e i mercati. Si tratta di un’evidente occasione sprecata per litigare. Penso che gli stessi governanti stiano avvertendo ora l’imbarazzo, altrimenti non si spiegherebbero le uscite bislacche, e sintomatiche di un nervosismo latente, tipo “se uno spende il reddito di cittadinanza presso Unieuro gli arriva la finanza” (pensate un po’ la Finanza anziché perseguire gli evasori si deve occupare di acquisti di qualche decina di euro), oppure “sei anni di galera a chi imbroglia” (certo, proprio in Italia dove non si va in galera neanche con tangenti ed evasioni milionarie. Sarà solo un’altra ipotesi di reato che intaserà ancora di più i tribunali).
Il seguito al prossimo “gessetto”.