Fonte: Non mollare (quindicinale online di Critica liberale), n.39, 1 aprile 2019.
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di Pier Paolo Caserta 7 aprile 2019
Il fatto che sul congresso di Verona si proietti l’ombra di interessi e gruppi di pressione internazionali non avrebbe nemmeno bisogno di documenti convincenti a riprova , come quelli scovati da L’Espresso. È più che sufficiente osservare rapporti di forza, affinità e connessioni nello scenario internazionale.
Il congresso di Verona è stato fortemente voluto dalla destra ultranazionalista non solo italiana ma internazionale (i fondamentalisti cristiani statunitensi, i nazionalisti ortodossi russi , gli ultrà clericali italiani).
Una volta l’internazionalismo era di sinistra, oggi è la destra sovranista a mostrare di sapersi dare una forma ideologicamente molto compatta e coerente su scala globale. In altre parole, l’internazionale ultranazionalista è un vero e proprio format. Trump negli Stati Uniti, Bolsonaro in Brasile, Orban in Ungheria, Salvini in Italia. Dicono le stesse cose, agitano gli stessi slogan, quasi identiche le parole d’ordine, portano avanti le stesse politiche. Funzionamento garantito. Un format di successo. L’ascoltatissimo Steve Bannon è la cerniera tra le due sponde dell’Occidente. La destra ultranazionalista ha saputo intercettare e canalizzare le difficoltà degli sconfitti della globalizzazione molto meglio di quanto non abbia saputo fare la sinistra-sinistra.
La destra ultranazionalista si è data un formato internazionale, ma non c’è paradosso. Dagli attacchi oscurantisti contro la libertà di scelta alla chiusura razzista contro l’immigrazione passando per la liberalizzazione delle armi, la Lega è impegnata nel tentativo di avvicinare l’Italia, secondo copione, alla versione peggiore degli Stati Uniti, quella che sul comodino ha la Bibbia e la pistola.
Ora tenta di allargare ancora il proprio bacino elettorale, di compattarsi ulteriormente, di aumentare la sua presa sull’Europa, e il congresso di Verona è stato pensato come il veicolo.
Molte delle affermazioni che sono risuonate a Verona appaiono arcaiche, e non c’è dubbio che lo siano. Devono, però, essere intese nell’ottica di una battaglia che è sempre più politica e sempre più consapevole, da parte di una destra reazionaria che raduna la sua massa critica non tanto contro una sinistra-sinistra oggi marginale, quanto contro il cosmopolitismo illuministico e il multiculturalismo. Questa contrapposizione apre un campo di assonanze con il fascismo storico (del quale il suprematista bianco Bannon è grande ammiratore), i cui bersagli polemici non erano dissimili.
Bisogna, però, essere onesti. La risposta all’impeto reazionario di Verona non potrà in nessun modo essere trovata nell’estensione illimitata dell’ideologia mercatista che rende disponibile ogni opzione e mercifica il corpo, lo rende manipolabile a piacere, lo disumanizza abbassandolo a un momento della Tecnica. E permette, magari, di comprare il “prodotto” desiderato dove è più conveniente, producendo meccanismi di sfruttamento che trovano la loro premessa nei diversi livelli di benessere su scala globale. Il problema è che il progressismo e la spinta libertaria verso l’allargamento dei diritti individuali passano oggi per la generalizzazione del modello delle democrazie di mercato, che però per molti suoi tratti non è meno inumano e ingiusto dell’Ancien regime nel quale vorrebbero farci ripiombare la Lega, i suoi sostenitori e i suoi finanziatori. Per dirla meglio, la destra ultranazionalista e il pensiero unico dell’ideologia mercatista non rappresentano due modelli in reale alternativa tra loro, ma le due possibilità di oscillazione all’interno dello stesso sistema, le due posizioni estreme del pendolo. Da una parte, chi vuole imporre agli altri la propria tavola di valori su base ideologico-religiosa e vuole dire alla donna cosa fare del proprio corpo; dall’altra, il modello neoliberale, che accorda volentieri l’estensione dei diritti individuali ma nel quadro della deriva mercanitilistica che torna a minacciare e comprimere quelle stesse libertà, a farne una forma vuota, trasformandole incessantemente in bisogni che possono essere soddisfatti dal mercato e lasciandoci sempre più soli, alienati, insicuri.
Non sono in gioco soltanto le libertà illuministiche contro un pensiero arcaico, questo schema è insufficiente e fuorviante. Non da ora, ma alla luce di processi avviati e in atto negli ultimi decenni. Non si può dimenticare, a questo proposito, almeno il quadro della razionalità occidentale delineato da Horkheimer e Adorno ne La dialettica dell’Illuminismo. I due filosofi avanzavano una nozione di “illuminismo” caratterizzata storicamente dal rovesciamento della razionalità in dominio, indirizzato non più soltanto alla natura, ma agli stessi esseri umani. Così l’illuminismo, nato per emancipare l’uomo dal mito e dalla barbarie, ha prodotto nuove forme di mito, di dominazione, di barbarie. La realtà del transumanesimo in un presente dai tratti sempre più distopici conferma l’attualità di quelle analisi.
L’estensione delle libertà è comunque da sostenere, anche a costo delle sue distorsioni, a patto di non illudersi che il mercato possa contenere le risposte alle crescenti ansie che caratterizzano la condizione dell’Uomo nell’età della Tecnica. Proprio al contrario, molte di quelle ansie le ingenera, offrendo anche le illusorie risposte.
In tutto questo, intorno alla famiglia si gioca una battaglia politica centrale. Si può notare, solo per inciso, che al massimo di controversia della definizione di cosa sia o dovrebbe essere “famiglia” corrisponda il minimo di sicurezza nella sua funzione storica e sociale. A questo problema la destra reazionaria ha da dare le sue risposte. Inaccettabili? Certo, ma la sinistra-sinistra, quali risposte è in grado di mobilitare, anche su questo tema, alla morsa tecno-populista, alla falsa alternativa tra le ricette della destra reazionaria e il modello neoliberale?
Fino a quando non sapremo affrontare in modo efficace le cause dei grandi squilibri globali e della diffusa sofferenza sociale, la destra più reazionaria saprà in che direzione continuare a lavorare.
Pubblicato su: Non mollare (quindicinale online di Critica liberale) n. 39, 1 aprile 2019.


