Fonte: Il Fatto Quotidiano
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12 Marzo 2016
Prosegue il tentativo del governo Renzi di rendere vano il referendum indetto da cinque regioni per dare un segnale forte nella direzione giusta sulla difesa dell’ambiente e del nostro futuro. Il Fatto quotidiano, 12 marzo 2016
Vietato parlare di referendum sulle trivellazioni in Consiglio comunale. Quando a Menfi cinque consiglieri hanno avanzato la proposta di ordine del giorno sono rimasti di sale: la prefettura di Agrigento, che riprende una circolare del ministerodell’Interno, dice no. E pensare che a Menfi, Sciacca, Porto Empedocle, insomma, in quella Sicilia che teme di vedere l’orizzonte costellato di trivelle, se ne parla eccome. Ma nelle aule della politica non si può. Tanto che i sindaci, lasciata magari per un attimo la fascia tricolore, hanno deciso di riunirsi. Di studiare forme di mobilitazione prima del 17 aprile.
“Non è una censura sulle trivelle. Succede così prima di tutte le consultazioni elettorali”, giurano dalla prefettura di Agrigento. E ti mostrano la circolare del ministero dell’Interno: “È fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni”. Ma poche righe dopo ecco si apre lo spiraglio in cui vogliono infilarsi i sindaci siciliani: “Si precisa che l’espressione “pubbliche amministrazioni” deve essere intesa in senso istituzionale… e non con riferimento ai singoli soggetti titolari di cariche pubbliche, i quali possono compiere, da cittadini, attività di propaganda”.
Insomma, fatta la legge trovato l’inganno. Anzi, è lo stesso ministero che te lo indica. Anche perché in Sicilia quasi tutti i sindaci sono contrari alle trivellazioni. A cominciare da Vincenzo Lotà di Menfi: “Ci stiamo organizzando. Qui siamo tutti preoccupati, i comuni costieri e quelli dell’entroterra. Ci sono comuni come Sciacca che sorgono in zona vulcanica”. Gente combattiva, qui a Menfi. Come racconta Vito Clemente, il presidente del Consiglio Comunale: “Ho dovuto dire di no al consiglio dedicato alle trivelle, perché me lo imponeva la legge. Ma io sono per il “Sì”, cioè per l’abrogazione della legge che proroga le concessioni”. Tipico dell’Italia, bisogna dire “Sì” per dire “No” alle trivelle. Ma Clemente aggiunge: “Qui ci siamo già battuti contro chi voleva portarci via l’acqua; contro chi sperava di costruire una centrale a biomasse; per non dire delle pale eoliche e ora delle trivelle. Ma noi puntiamo su uno sviluppo che rispetta l’ambiente”.
I Comuni e sindaci non possono parlare di referendum. Nel Municipio, perché basta varcare la porta e tutto cambia. Vale per Menfi, ma anche per altri comuni no-trivelle. Per esempio Frisa (Chieti), in Abruzzo. Racconta il sindaco Rocco Di Battista: “La battaglia è partita anche da qui. Noi abbiamo votato contro le trivelle mesi fa. Ma anche adesso, come privato cittadino, continuerò a schierarmi per il “Sì”. Evidentemente si vuole impedire ai cittadini di esprimere la propria volontà”. Comune che vai, usanza che trovi. Racconta Andrea Quattrini (consigliere M5S ad Ancona): “Lunedì in consiglio comunale è in calendario una mozione per impegnare il Comune a ribadire la propria contrarietà alle trivelle e invitare i cittadini a votare “Sì”. Vorremmo che il Comune aderisse come sostenitore al coordinamento anti-trivelle”. Chissà se anche ad Ancona interverrà il prefetto.
Non è la sola anomalia un po’ italia na: le Regioni, infatti, non sono sottopo ste al divieto. “Non si poteva impedire alle Regioni di fare la campagna per il “Sì” – ha spiegato al Fatto Quotidiano Piero Lacorazza, presidente del consiglio regionale della Basilicata – visto che siamo gli unici comitati promotori”.
Ma il referendum sulle trivelle rischia di scavare una voragine anche nel sindacato, aprendo la questione ambientale. Due giorni fa Emilio Miceli, segretario Chimici Cgil, si era schierato apertamente contro il referendum e a fianco delle trivelle: siamo ancora lontani, aveva detto, da un “superamento dell’energia da fonte fossile”. Ma nella Cgil si stanno confrontando diverse anime. “Quattrocento dirigenti di diversi settori hanno firmato un appello a favore del ‘Sì’”, racconta Simona Fabiani della Cgil Ambiente.
Legge nel documento: “Come sindacalisti siamo convinti della necessità e dell’urgenza della transizione a un nuovo modello energetico, democratico e decentrato, con il 100 per cento di efficienza energetica e di rinnovabili, con grande opportunità di crescita economica e di nuova e qualificata occupazione per il nostro Paese” è scritto nell’appello. Che aggiunge: “Le trivellazioni, il petrolio, le fonti fossili rappresentano un passato fatto di inquinamento, dipendenza energetica, interessi e pressioni decisionali delle lobby, conflitti, devastazione ambientale e della salute, cambiamenti climatici”.