Gianpiero Cassina:”assodata l’iposuscettibilita del sesso femminile al Covid-19 sia in termini di contagio che di gravità della malattia che dì letalità”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Giampaolo Visetti, Gianpiero Cassina

di Gianpiero Cassina

Risulta ormai assodata l’iposuscettibilita del sesso femminile al Covid-19 sia in termini di contagio che di gravità della malattia che dì letalità. L’epidemiologo del Mario Negri Guido Bertolini afferma oggi su La Repubblica che il rapporto nei ricoveri in terapia intensiva è di 7/3 e che dopo i 50 anni la differenza è impressionante.
Sappiamo che vi sono differenze di genere nel funzionamento del sistema immunitario.

In generale, le donne presentano risposte immunitarie innate e adattative più forti rispetto agli uomini. Le donne mostrano rispetto agli uomini una più efficace fagocitosi e presentazione antigenica, una più forte produzione di citochine infiammatorie, un numero più elevato di linfociti T CD4+ e livelli più alti di anticorpi circolanti. Fattori genetici, epigenetici, ormonali e ambientali contribuiscono alle differenze nella risposta immunitaria tra i due sessi. La più forte risposta immunitaria nelle donne, da un lato, sembra essere vantaggiosa, favorendo l’eliminazione degli organismi patogeni, ma, dall’altro, può essere dannosa causando malattie autoimmuni. Infatti molte malattie autoimmuni sono più frequenti nelle donne rispetto agli uomini e differenze tra i due sessi esistono nei sintomi, nel decorso della malattia e nella risposta alla terapia.

La differenza della suscettibilità al Covid-19 potrebbe essere spiegata da una diversa efficienza nella risposta immunitaria sia innata che adattiva.
Una maggiore efficienza della risposta immunitaria innata spiegherebbe insieme anche l’iposuscettibilita’ nell’infanzia.
Il fatto poi che le differenze di genere nella risposta al Covid-19 aumentano dopo i 50 anni e quindi dopo la menopausa potrebbe essere spiegato con la caduta nella produzione di estrogeni che sappiamo avere un azione modulante sul sistema immunitario.

L’EPIDEMIOLOGO DONNE MENO COLPITE DIFESE NATURALI GRAZIE AGLI ESTROGENI”

Giampaolo Visetti per ”la Repubblica

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«Sì, ormai possiamo dirlo: questo virus contagia più i maschi delle femmine. Più i casi sono gravi e più si sale con l’ età, più la differenza cresce.

Le terapie intensive ormai scoppiano di uomini: il problema, con l’ epidemia in una fase iniziale, è che non riusciamo a capire perché».

Guido Bertolini, 55 anni, responsabile del laboratorio di epidemiologia dell’ Istituto Mario Negri di Bergamo, dall’ unità di crisi della Lombardia coordina medicine d’ urgenza e pronto soccorso. Con 2.600 medici e infermieri dei più importanti ospedali italiani ha appena finito un confronto sulla preferenza del coronavirus per i maschi. «Non abbiamo dati della qualità che vorremmo – dice a Repubblica – ma le statistiche dopo tre settimane cominciano a essere chiare. Su dieci contagiati in modo grave, 7 sono maschi e 3 sono femmine. Negli anziani arriviamo al rapporto di 8 a 2. Da oggi studiamo un fenomeno che nasconde il segreto per aggredire il virus: la direzione è il suo rapporto con l’ assetto ormonale dei due sessi».

Come avete scoperto la maggiore vulnerabilità maschile?

«Fino ad oggi, per riorganizzare gli ospedali, ci si è concentrati sulla resistenza dei bambini e sulla fragilità degli anziani. Adesso, grazie allo scambio dei dati con la Cina, emerge che anche in Italia i maschi sono molto più a rischio: capire perché permette di arrivare alla natura del virus».

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Quale spiegazione dà?

«Oggi possiamo formulare solo ipotesi. La differenza più evidente tra maschi e femmine è l’ assetto ormonale. I primi producono androgeni, le seconde estrogeni.

Questi costruiscono resistenze naturali contro molte patologie, a partire da quelle cardiovascolari. La sfida è capire cosa succede con il Covid-19».

Perché rimangono aspetti non chiari?

«Il primo problema è che dopo la menopausa nelle donne la produzione di estrogeni cala. Anche loro, con l’ avanzare dell’ età, dovrebbero dunque diventare più attaccabili. Invece non succede. Anzi: più i contagiati sono anziani e più cresce la percentuale di maschi, in particolare nei casi gravi».

Come lo spiega?

«Lo stiamo studiando. Negli anziani possono contribuire altri fattori, come l’ abuso pregresso di fumo e di alcol, con i disturbi correlati. Nei maschi è più alta anche l’ incidenza di diabete e ipertensione, di problemi cardiovascolari e respiratori».

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Quali sono i dati italiani?

«Prendiamo il totale dei decessi: 70% maschi e 30% femmine. Solo l’ 1,7% delle donne muore, rispetto al 2,8 degli uomini. Tra i casi confermati siamo a 4,7% tra i maschi e a 2,8% tra le femmine. Se aggiungiamo che il rapporto è di 7 a 3 anche nei ricoveri in terapia intensiva è chiaro che la scienza deve approfondire in fretta».

Dopo quale età la forbice si allarga sempre di più?

«Il confine sono i 50 anni. Prima la differenza è significativa, dopo diventa impressionante. Incidono fattori di rischio e relazione con gli assetti ormonali».

Si può dire che i maschi devono stare più attenti delle femmine?

«No. Tutti devono osservare le misure adottate dal governo e restare in casa. I maschi però devono sapere che, se infettati, spesso vanno incontro a polmoniti più gravi. C’ è però un aspetto ancora più preoccupante».

Quale?

«Dobbiamo investire di più sul trattamento ancora più precoce dei contagiati. La partita contro il Covid-19 si gioca nei pronto soccorso: se arriva in terapia intensiva sempre più spesso è già persa».

Come si può fare?

«Accelerando le diagnosi con il “test del cammino” e dotandosi di un numero maggiore di caschi per la ventilazione non invasiva».

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