di Alfredo Morganti – 26 novembre 2018
L’Unione Europea non è la stessa cosa dei poveracci che sbarcano sulle nostre coste rischiando la vita, alla ricerca di sicurezza e futuro. Se di questi ultimi si può dire che stanno facendo una gita sul Mediterraneo senza che quasi nessuno si schermisca, anzi in un ampio consenso, della prima si può anche dire il peggio possibile, ma una dura reazione da parte sua è pressoché certa. In tal caso, allora, dinanzi alla voce grossa e alle minacce di una sanzione durissima, si è costretti ad abbassare i toni, a trattare, a tentennare, e magari alla fine si è disposti a cedere pur di allentare la tensione.
È tipico. Coi deboli, coi poveri, coi neri, con chi arriva mezzo affogato e assetato sulle nostre rive si è volgarmente arroganti e si usa lo stivale di ferro. Con chi detiene il potere vero e la sovranità monetaria, invece, ci si incazza ma poi si cede a più miti consigli, non prima di aver rilasciato sui media un po’ di propaganda (e sarebbe persino da sciocchi non cedere). Si tratta, a ben vedere, di un nazionalismo economicistico con i piedi di argilla. Produce post durissimi, da veri leoni della tastiera, anche se poi, nel chiuso della proprie stanzette, in colloquio con i propri guru, si sondano altre strade e/o piani B. E che la potenza dell’UE sia ancora tanta, sovrabbondante rispetto ai ruggiti da web e alla capacità del governo di farvi intelligentemente fronte, lo dimostra il fatto che pare sia stato proprio il prof. Savona a indicare al Ministro dell’Interno la svolta strategica. E ho detto tutto.
I giornali parlano di recedere dal 2,4% al 2,0% del rapporto deficit/PIL. E sarebbe già una vittoria per il governo, che la riduzione fosse così contenuta. Lo 0,4% corrisponde in fondo a 6-7 miliardi di euro. Comporterebbe una parziale rinuncia a qualche misura, come ad esempio spostare in avanti a marzo o aprile la quota 100 oppure l’applicazione del reddito di cittadinanza (anche se ciò non basterebbe, producendo al più un contenimento di 1,5 – 1,8 miliardi di euro contro i 7 ipoteticamente richiesti). Sappiamo, inoltre, che è in corso una battaglia all’interno dell’esecutivo proprio sul reddito di cittadinanza. I giornali dicono che i leghisti vorrebbero trasformarlo in sgravi alle imprese, ribaltandone la natura in modo dirimente. Una roba che metterebbe non poco in crisi i rapporti con i 5stelle, che vedrebbero demolito, di fatto, un loro cavallo di battaglia.
Poi c’è il punto politico. Juncker, l’UE e tutti i paesi che la compongono sono d’accordo nel condannare la manovra di bilancio italiana, ritenendo che sia un pessimo esempio da seguire. Pretendono parallelamente che cessi la strategia antieuropea di Salvini. Una richiesta più pesante del semplice taglio della percentuale di deficit richiesta al governo. Vogliono cioè una sorta di inchino politico, una svolta strategica che metta a nudo quale sia la forza effettiva del governo, quale sia la sostanza del nazionalismo economico che oggi ha pervaso molti, quale sia la levatura dei leader che guidano oggi il Paese. Ecco l’occasione per giudicare chi sia il forte e chi sia il debole,ammettendo che tutto il gioco politico consista davvero in questo. Vediamo allora quanta sostanza effettiva, quanta ‘potenza’ c’è dietro la forma comunicativa che ha assunto oggi la politica. E vediamo se questa sa esprimersi con protervia solo davanti ai debolissimi di colore nero, oppure sa cimentarsi in un confronto duro, tutto politico, con l’intera Unione Europea. Prima o poi i nodi vengono al pettine.


