GIUSTIZIA CULTURALE E GIUSTIZIA SOCIALE
Le ingiustizie sociali sono una realtà che non ferisce solo chi ne è vittima, ma anche le anime sensibili ancora capaci di sentire indignazione. Queste anime sensibili sanno perché la vita interiore di ognuno debba rinforzarsi. Difendono la loro essenza umana ed elevano le sue potenzialità. Sanno opporsi ai vortici che spingono verso il basso, verso trappole tese da false culture dell’efferratezza e volgarità.Vedono intorno a loro tante anime impoverite, defraudate, sguardi spenti e la sofferenza della esclusione. La giustizia è quel riconoscere e rispettare il diritto di ciascuno di quanto gli è dovuto per lo sviluppo della sua individualità. Siamo lontani sia dalla giustizia sociale sia dalla giustizia culturale.
La vita interiore alimenta la sensibilità e il senso di solidarietà. Allora alla malinconia può subentrare il valore, alla depressione può opporsi l’anelito a una vita migliore, ai lamenti il dovere che si accetta, all’orgoglio la modestia, al rumore il silenzio, alla noia e la monotona ripetizione di gesti la novità di nuove esperienze arricchenti.
La posta in gioco è la servitù o la liberazione dello spirito.
Nella vigna del Signore naturalmente vi sono anime per le quali il cammino verso la sensibilità e la libera individualità risulta impervio. E molto resistenti sono le catene che rendono le persone schiave di sé stesse e degli altri. La liberazione dello spirito però non si può separare dalla trasformazione sociale. Come può esistere la legittima liberazione dello spirito se tanti al nostro lato si consumano nell’oscurantismo e la miseria, soffrono privazioni e marginalità, si dibattono?
Non posseggo ricette magiche per le ingiustizie sociali, ma so che lo spirito lo dovremmo cercare laddove si manifesta più palesemente, dove più acuto è il contrasto tra vita e morte, tra immaginazione e logica materiale, tra bellezza e bruttezza. Qui c’è una scelta da fare costantemente. È un cammino difficile a percorrere all’inizio, come lo sono tutte le acquisizioni culturali. Qui ci accorgiamo dei danni dell’educazione mancata, interrotta, conformista, escludente.
Per esempio, l’ascolto musicale approfondito potrebbe essere una esperienza unica, l’intimo rifugio, la condivisione delle altezze a cui si è elevato chi compone. È il volo dell’immaginazione. Si può scoprire come veniamo trasportati in dimensioni temporali diverse con regole proprie. Sono quei momenti in cui le leggi abituali della materia non valgono. Si è rapiti da quel rallentare fino al silenzio, e poi dal susseguirsi di impulsi sonori. La vera musica non ha bisogno di grandi volumi sonori né rumori assordanti, si impone per l’eleganza della struttura. Appunto, è una esperienza sottile della bellezza. Dimenticando affanni e tensioni, la vera musica ha il potere di allontanarci dal quotidiano, dal banale e transitato, dal frastuono omogeneizzante.
La poesia anch’essa nasce nei labirinti della vita interiore e ci fa assistere alla nascita della parola, oggi infangata e vilipesa, minacciata da stereotipi e frasi vuote. La parola ignorata nel quotidiano parlottio riemerge dalla sua sepoltura e torna a farsi conoscere e a vibrare quando è pronunciata. Allora ci mostra frammenti della realtà che avevamo smarrito. La poesia è una possibilità Infinita, una critica alla vita, un fecondo questionare narrazioni già confezionate, ricca di risposta di fronte alle carenze umane, tensione verso la verità.
Sono cammini difficili da percorrere come lo sono i sentieri che conducono alle arti, dunque a frequentare il bello e a separarlo dal brutto. Sono difficili da percorrere perché lo stato d’animo dei più oscilla tra la tensione quotidiana e il piacere immediato che addormenta. La posta in gioco è quindi la fruizione piena e consapevole dello spirito e lo sviluppo delle facoltà cognitive e sensibili. Altrimenti, dietro l’angolo c’è il letargo e l’anestesia.
FILOTEO NICOLINI IMMAGINE: CESAR RENGIFO