di Alfredo Morganti – 14 aprile 2019
Oggi Carlo Bonini su Repubblica dà le cifre del consumo di stupefacenti in Italia: 14,4 miliardi di euro per un valore dello 0,9% del PIL, 6 miliardi dei quali destinati all’acquisto di cocaina. Almeno mezzo milione di persone si può definire un consumatore abituale. Un traffico che produce, ovviamente, anche criminalità e un notevole sacrificio di vite umane. Nel foggiano, dice sempre Bonini, in 30 anni ci sono stati 360 omicidi connessi al traffico, l’80% dei quali è rimasto irrisolto. È, inoltre, storia recente la tragica fine del Maresciallo Di Gennaro. Così come l’omicidio in pieno centro a Milano, in via Cadore. In un servizio di Sky, una consumatrice di stupefacenti racconta che il suo pusher è un dentista.
La droga non è solo fenomeno di periferia, di emarginazione, di disagio. La rete dello spaccio non riguarda, in termini semplificati, soltanto le piazze periferiche. Anzi. È un fenomeno associato alla profonda insoddisfazione che cresce anche laddove circola il denaro (e pure tanto). E rimanda la tragica consapevolezza che non sono i soldi, né il trafelato acquisto e consumo dei beni di mercato, né la mobilitazione continua, tanto meno l’avvilupparsi di desideri che restano inappagati a ‘salvarci’, e che anzi molte vite schiacciate sulla materialità delle cose, incapaci di avere un rapporto (anche qualsiasi) con la propria esistenza, ricorrono agli stupefacenti come rimedio terapeutico alla prova dei fatti inefficace. Il male di vivere è quando il vivere è schiacciato sul Sé, cieco verso il destino del mondo, del tutto irrelato agli altri, letteralmente consumato nel tunnel della propria sorte individuale.