di Domenico Borgatta – 4 agosto 2018
IN MEMORIA.
Locvizza il 30 settembre 1916.
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.
Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
(G. Ungaretti, da “L’allegria”).
—
Ho trascritto qui la struggente poesia di G. Ungaretti per due ragioni:
1) tra pochi mesi (a novembre) si conclude la memoria centenaria della “grande” guerra e mi pare che nessuno meglio di un poeta può aiutarci a “celebrare” una memoria così terribile.
Il tema della ricorrenza centenaria della prima guerra mondiale è passato, in questi mesi, mi pare, in secondo piano ma su di esso, secondo me, bisognerebbe ancora riflettere. Anche perchè questa guerra è il paradigma dell’inutilità di tutte le guerre. Chi vuole cerchi e ascolti la struggente canzone anarchica di quegli anni “Gorizia, tu sei maledetta”. Nella difesa (italiana) e nel tentativo di inutile conquista (austriaca) di questa città (che allora contava 34 mila abitanti)morirono poco meno di 100 mila (sic!) soldati ….
2) la poesia di Ungaretti richiama (in un contesto certo diverso) il tema dell’integrazione. Un tema importante su cui dovremo interrograrci e misurarci.
Come potrà l’Occidente creare percorsi di integrazione diffusi per coloro che giungono da noi? In che cosa dovremo cambiare noi?
Questo mi pare un problema importante su cui lavorare invece di perdere tempo a diffondere paure e peggio come mi pare stia purtroppo avvenendo.
Un Occidente demograficamente esausto, che fa fatica ad a immaginare il suo futuro, deve far ricorso alle sue risorse profonde e al suo passato migliore se vuole offrire al mondo una strada di confronto e di crescita. Il resto è un baloccarsi elettorale da cui prima o poi i veri problemi ci costringeranno a svegliarci.
Non possiamo continuare ad offrire a chi giunge da noi la sola strada della “cultura del consumo” il cui emblema è lo smart phone.
Lo sradicamento di cuii parla Ungaretti è un tema serio le cui conseguenze erano e rischiano di essere nihiliste e distruttive soprattutto per le seconde generazioni e nelle periferie (ieri e ancor di più oggi, purtroppo).


