Le senti…

per francy1950
Autore originale del testo: Salinas
Fonte: web
Url fonte: Http://wikipedia

Le senti come chiedono realtà
scarmigliate, feroci,
le ombre che forgiammo insieme
in questo immenso letto di distanze?
Stanche ormai di infinito, di tempo
senza misura, di anonimato,
ferite da una grande nostalgia di materia,
chiedono limiti, giorni, nomi.
Non possono vivere più così: sono alle soglie
della morte delle ombre, che è il nulla.
Accorri, vieni, con me.
Insieme cercheremo per loro
un colore, una data, un petto, un sole.
Che riposino in te, sii tu la loro carne.
Si placherà la loro enorme ansia errante,
mentre noi le stringiamo avidamente
fra i nostri corpi,
dove potranno trovare nutrimento e riposo.
Si assopiranno infine nel nostro sonno
abbracciato, abbracciante. E così,
quando ci separeremo, nutrendoci
solo di ombre, fra lontananze,
esse
avranno ormai ricordi,
avranno un passato di carne ed ossa,
il tempo vissuto dentro di noi.
E il loro tormentato sonno
di ombre sarà, di nuovo, il ritorno
alla corporeità mortale e rosa
dove l’amore inventa il suo infinito.

Pedro Salinas

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1 commento

fausto 12 Giugno 2017 - 12:31

APPASSIONATA…MENTE
di Fausto Corsetti
Vibrazioni interiori – quelle che nascono dentro inattese, impreviste – di una fecondità inesauribile. Camminando per sottoboschi, il rumore dei propri passi dà voce a storie trapassate, narrate da foglie e ramaglie, che hanno avuto l’ardire di sfidare piogge e temporali estivi tremendi e che rievocano forze indicibili che hanno saputo, potuto sopravvivere a calure capaci di fiaccare anche le tempre più tenaci. C’è un prima e un poi. Un avviarsi e un tornare. Comunque un andare, che ha bisogno di sogni, di mete, di desideri, di contatti, di giorni nuovi.
Parlare e sognare di giorni futuri, migliori…
Seguendo la suggestione delle vibrazioni e delle parole-poesia disseminate lungo il sentiero del ritorno al feriale, giardino del quotidiano esistere, diventa possibile interrogare ancorché rispondere, interpellare piuttosto che risolvere, lasciarsi avvicinare anziché distinguere, comprendere senza separare, lasciarsi toccare senza più accontentarsi di guardare a distanza.
Se nulla ti tocca, nulla ti può dare gioia. Non nasce dal nulla la gioia, la festa interiore, ma dalla passione, dall’incontro, dal contatto tra ciò che è altro e il fiume profondo che scorre dentro alla ricerca irrefrenabile delle acque grandi che danno sapore, conoscenza, spazio, prospettiva.
Vibrare, dunque. Lasciarsi riscaldare. Alimentare quel fuoco che non consuma. Udenti e sordi potranno percepire suggestioni capaci di vedere suoni, di udire movimenti, di leggere silenzi, di cantare colori.
L’estate può finire, la sera può arrivare, il viaggiatore può tornare: ma proprio nell’ordinario si cela il fuoco che accende i sogni, solo nel quotidiano acquista spessore la gioia, come una scala di fuoco musicale che accarezza e infiamma tutto ciò che può apparire feriale e abituale. Ma nulla è più tale se il fuoco accende, tocca, avvolge, colora e spezza quei silenzi e quelle solitudini che negano l’incontro.
Scoprire l’insolito sotto il familiare, svelare l’inspiegabile sotto il quotidiano. Essere inquieto per ogni cosa abituale.
Inquieti, dunque, ma appassionati, coinvolti, toccati dalla vita che ci scorre dentro e attorno. Saper “vibrare” per quanto ci è dato di vedere, conoscere, imparare, custodire, offrire. Se nulla ci inquieta, se nulla ci infuoca, nulla può renderci felici.

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