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Restare in silenzio (Pablo Neruda)
Ora conteremo fino a dodici
e tutti resteremo fermi.
Una volta tanto sulla faccia della terra,
non parliamo in nessuna lingua;
fermiamoci un istante,
e non gesticoliamo tanto.
Che strano momento sarebbe
senza trambusto, senza motori;
tutti ci troveremmo assieme
in un improvvisa stravaganza.
Nel mare freddo il pescatore
non attenterebbe alle balene
e l’uomo che raccoglie il sale
non guarderebbe le sue mani offese.
Coloro che preparano nuove guerre,
guerre coi gas, guerre col fuoco,
vittorie senza sopravvissuti,
indosserebbero vesti pulite
per camminare coi loro fratelli
nell’ombra, senza far nulla.
Ciò che desidero non va confuso
con una totale inattività.
È della vita che si tratta;….
Se non fossimo così votati
a tenere la nostra vita in moto
e per una volta tanto non facessimo nulla,
forse un immenso silenzio interromperebbe la tristezza
di non riuscire mai a capirci
e di minacciarci con la morte.
Forse la terra ci può insegnare,
come quando tutto d’inverno sembra morto
e dopo si dimostra vivo.
Ora conterò fino a dodici
e voi starete zitti e io andrò via.



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SILENZIOSI MONACI METROPOLITANI
di Fausto Corsetti
Nella società dei tempi folli, veloci, l’unica possibilità che abbiamo, per recuperare la nostra vita e sottrarci alla quotidiana sopravvivenza, è diventare protagonisti di una sorta di “monachesimo metropolitano”.
Una disciplina personale che dovremmo iniziare subito perché è sempre più urgente il nostro bisogno di una pausa, di una sosta.
Come i monaci potremmo iniziare a dedicare ogni giorno un po’ di tempo al corpo, camminando nella natura; un po’ di tempo alla mente, scoprendo o riscoprendo letture nascoste, dizionari dimenticati ma mai distrutti e un po’ di tempo all’anima, ascoltando il nostro essere più profondo.
Nell’abbandono dei ritmi frenetici, sarà così possibile lasciare affiorare alla mente parole come umiltà, silenzio, stupore e gioia, parole che per la società di oggi sembrano non avere più alcun significato.
Addirittura appaiono quasi una provocazione rispetto alle logiche dominanti, dove arroganza, superbia, confusione, indifferenza e disperazione fanno breccia nel cuore dell’uomo.
Potrebbe sembrare anacronistico parlare di umiltà in tema di uomo contemporaneo, e ancora di più sembra tale l’idea proveniente dall’etimologia della parola chiaramente riferita alla terra, “humus”, appunto. Ma accanto al significato letterale, ce n’è uno traslato dei cui esempi è ricca la storia, soprattutto la storia delle grandi rivoluzioni morali. Pensiamo cosa sarebbe stato l’Occidente senza l’irruzione dell’umiltà di Francesco. Se solo consideriamo i grandi cambiamenti culturali intervenuti nel XIII secolo, a partire dall’organizzazione sociale nelle nascenti municipalità, non possiamo non constatare quanto questa virtù abbia contribuito all’affermazione di una consapevolezza nuova dell’uomo.
E difatti è proprio a quel secolo che molti studiosi fanno risalire la vera radice dell’Umanesimo.
Attualizzando il dato dell’umiltà nella cultura contemporanea, facilmente la qualifichiamo in opposizione all’arroganza, quale nota distintiva di una democrazia rispettosa delle differenze, a confronto dei tanti autoritarismi che minano alla base l’armonia del consenso e della pace.
Ma più ancora attuale è la dimensione del silenzio. Interiore soprattutto. Quella che insegna a guardare in se stessi e a non lasciarsi distrarre dalle apparenze. Il silenzio è un dono che facciamo a noi stessi, ci aiuta innanzitutto a liberarci da questa smania di riempire tutto, ci permette di stabilire una pausa, ci aiuta a recuperare e sottolineare ciò che davvero conta.
L’uomo contemporaneo è sottoposto ad un bombardamento continuo di stimoli e di comandi, che di fatto finiscono per limitarne una sua libertà sostanziale. L’uomo capace di guardarsi dentro, di fare un po’ di silenzio interiore, si mette al riparo dalle derive mediatiche, dal bruciare la propria vita nell’indistinzione della corrente.
In un processo di deresponsabilizzazione che di fatto gli impedisce di perseguire i propri legittimi interessi, favorendo al contrario l’adeguamento a ciò che entità remote vorrebbero che si fosse. Insomma, il non abbandonarsi alle mode egemoni è fondamentalmente un efficace antidoto alla massificazione.
E’ poi più facile pensare all’attualità del valore dello stupore, non solo come meraviglia delle bellezze della natura, ma anche fiducia e interesse per ciò che accade nella storia, deponendo l’abito dell’indifferenza. Una condizione quest’ultima, sulla quale si fonda gran parte del rifiuto sociale e che frena la fiducia nel cambiamento e nel futuro.
Da ultimo, la gioia, non soltanto come stato d’animo derivante da particolari condizioni, ma piuttosto come energia, vigore morale per non lasciarsi abbattere dalla disperazione e dal dolore. Come base anche di quel pensare colorato che è presupposto del cambiamento e il contrario della rassegnazione di una società non libera e gregaria.
Il tutto inizierà con un po’ di timore, ma presto questa disciplina ci sorprenderà e ci aprirà un mondo… Sentiremo il silenzio parlarci, vedremo le cose con un’altra chiarezza, le stesse parole che avremo modo di ascoltare saranno più dense, più significanti, porteranno con sé una consistenza nuova e diversa.