Si diceva che nella città di Partenope il traffico è notoriamente inarrestabile agli incroci delle vie. La Piazza Garibaldi ne è un esempio e sfido chiunque ad attraversarla senza una tattica sperimentata. Oppure Piazza Vittoria, dove per raggiungere il lungomare scendendo da Piazza dei Martiri si consiglia di prendere a mano destra, superare con estrema prudenza il semaforo lampeggiante, sperando in un istante di clemenza. Una volta passati i binari del tram e percorsa l’entrata della Villa Comunale, giungere in prossimità della meta agognata. Qui l’attraversamento a rischio. Via Caracciolo qui è priva di semaforo e allora ci si affida a un balletto fatto di apprendimento e tremiti, scivolando tra auto e motorini, segnalando con la mano per farsi notare, quasi implorando. Lavori annunciati e proiettati nel futuro promettono restauri futuri delle numerose statue e fontane della Villa con la Cassa Armonica, dove la domenica si potevano ascoltare brani di opera e sinfonia, nei lontani anni Cinquanta. Per percorrere la Villa si dovrebbe ricorrere a un navigatore che indichi le entrate e le uscite aperte, il viandante malcapitato rischia di tornare per dove è entrato. La Villa Floridiana, unico polmone verde al Vomero si trova poi in uno stato a dir poco penoso, pochi i vialetti percorribili, circondati da una vegetazione cresciuta a dismisura quale foresta cittadina. Ne ho ricordi felici quando da bambino ero condotto da mia madre per passeggiare, le foglie di magnolia piegate a barchetta per bere l’acqua della fontanina, i semi odorosi di eucaliptus, che forse oggi cadono ancora al suolo di una zona ahimè inaccessibile. La Floridiana si trova in una posizione privilegiata che spazia sul Golfo, una volta era paragonabile ad un orto botanico, con i viali ben curati, le aiuole fiorite. Oggi da sconforto.
Portici, da residenza regale e luogo di villeggiatura ambito per prestigio, è in perenne contrasto con il popolare e sanguigno Ercolano. Un’altra storia quella del contiguo Ercolano, con il suo particolare linguaggio atavico, sonoro, degno di discendenti dei Sanfedisti, delle truppe del Cardinale Ruffo, dei Lazzari, dei vocianti stentorei, come se fossero pescatori còlti da burrasche e quindi nella necessità di sovrastarne i rumori per farsi udire dalla barca vicina, con il suo lumpen spontaneo, diretto e partecipe, laddove a Portici l’antropologia è diversa, più orientata alla classe media e al parlare gentile e ricercato, retaggio di fasti borbonici lontano nel tempo. Qui si parla un napoletano ingentilito senza le asperità e il vociare di Ercolano, eppure i due comuni sono contigui.
L’incedere delle persone per strada è capitolo a parte, perché c’è la manifesta tendenza dei Porticesi ad occupare spazio camminando affiancati; quindi, indifferenti a chi cerca di procedere nel senso opposto; oppure a muoversi al passo veloce del vincitore che deve annichilare avversari, oppure rallentando fino a fermarsi per fare del luogo pubblico salotto di amene conversazioni. Ho raggiunto Portici con la Vesuviana, i cui vagoni continuano a viaggiare barcollando a destra e sinistra per via dello scartamento ridotto che risale alla notte dei tempi Era nel passato soluzione più economica di una ferrovia vitale che ancora procede a tratti su binario unico.
Ritorno a Napoli con il filobus che percorre San Giorgio e si avvicina al Porto di Napoli attraversando il Corso San Giovanni a Teduccio. E qui non si nota nessuna metamorfosi al peggio, nessun declino, nessuna involuzione. Perché questo Corso è rimasto come congelato nel passato, la stessa strada dissestata, le stesse case decrepite, i panni stesi ad asciugare in bella vista da discendenti che abitano le case dei nonni. Come se il tempo non fosse mai trascorso.
In questa visita a Napoli sono naturalmente precipitato nel passato e nei ricordi sbiaditi, non volendo accettare l’immagine che il presente mi rimanda, e quindi provando spaesamento e disagio. Ma continuo ad essere magicamente attratto da questi luoghi e questa lingua, come se rinnovassi il mio sì alla sirena Partenope e ai suoi incanti.
FILOTEO NICOLINI
Immagine: Piazza Mercato, Napoli


