di Alfredo Morganti – 31 novembre 2018
Leggo in un post l’attributo di ‘abbronzato’ accostato a Nicola Fratoianni. Si può essere d’accordo o meno col pensiero e con la prassi di qualcuno. Si può essere furiosamente critici nei suoi confronti. Si può argomentare anche ferocemente. E magari l’accostamento non è malizioso oppure non l’ho capito io. Ma utilizzare il linguaggio per screditare di fatto una persona, un dirigente della sinistra con cui si può essere in totale dissenso, perché no, ma che resta intangibile nella sua dignità, è un mezzo che non mi piace affatto. Sa di rottamazione.
Molti anni fa, mi raccontarono che Lucio Magri andò a un’assemblea di lavoratori della sanità. Credo che fosse ancora segretario del PdUP. Uno dalla platea urlò: “Abbronzato!” con un tono di dileggio e di risentimento assieme. Un esempio antesignano di populismo, di odio verso dirigenti ed élite, di ‘popolo’ arrembante e sciolto dalle catene della forma-partito. Quella parola esplose come un insulto, in nome della convinzione che i dirigenti della sinistra debbano essere, secondo la vulgata, emaciati e pallidi, cosa che Lucio Magri evidentemente non era. Sappiamo chi fosse Magri, che uomo moralmente integro fu, che storia abbia avuto, contro quale male dello spirito combattesse, quale sia stata la sua fine, tragica ma altamente dignitosa. Insultarlo allora in quel modo, come farebbe oggi il ‘popolo’ incazzato, il leone da tastiera o l’intellettuale pop, è stato a posteriori (ma anche allora) un gesto non da compagni. Anzi, fu l’esatto opposto.