Ad Atene con Tsipras

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Luciana Castellina
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://fondazionepintor.net/grecia/castellina/tsipras/

di  Luciana Castellina, 10 dicembre 2014

Grecia. L’annuncio delle elezioni anticipate arriva mentre con il leader di Syriza ricordiamo la figura di Jannis. La vittoria è data per certa ma sale la preoccupazione per le possibili reazioni eversive   La noti­zia è arri­vata, lunedì, men­tre era in corso la com­me­mo­ra­zione di uno dei fon­da­tori di Syriza, Yan­nis Banias. Ale­xis Tsi­pras aveva appena finito il suo discorso, parole com­mosse, per­ché Yan­nis fu deci­sivo nella scelta di affi­dare a lui, prima lea­der degli stu­denti medi di Atene, poi gio­va­nis­simo con­si­gliere comu­nale della città, il com­pito di rap­pre­sen­tare il cam­bio gene­ra­zio­nale alla testa della nuova for­ma­zione politica. Io — invi­tata a par­te­ci­pare alla ceri­mo­nia per­ché Jan­nis è stato per decenni un grande amico del Pdup e assieme abbiamo fatto tante cose, e con­di­viso molte opi­nioni, da quando era segre­ta­rio del Par­tito comu­ni­sta (dell’interno), poi a capo della sua ine­vi­ta­bile scis­sione e fon­da­tore di Akoa, il biz­zarro ma feli­ce­mente espli­cito nome che aveva deciso di dare al suo gruppo: «Inno­va­zione eco­lo­gica comu­ni­sta» (che è stato poi uno dei motori delle suc­ces­sive uni­fi­ca­zioni della sini­stra greca, prima Synap­si­smos, poi, per l’appunto, Syriza) — stavo pro­nun­ciando il mio inter­vento. Mi sono inter­rotta per­ché qual­cuno è venuto a dire ad Ale­xis qual­cosa all’orecchio, e il mes­sag­gio è stato subito reso pub­blico: il governo aveva appena deciso di anti­ci­pare l’elezione del pre­si­dente della Repubblica. Subito il tea­tro recen­te­mente rica­vato da una fab­brica di gas in disarmo – più di un migliaio di com­pa­gni gio­vani e vec­chi, sti­pa­tis­simi– è esploso in una mani­fe­sta­zione di giu­bilo. Io, poi­ché tutto era stato detto in greco, ero la sola a non aver capito cosa era acca­duto. Poi Ale­xis mi ha spie­gato: andiamo al voto fra un mese. Per­ché que­sto è il signi­fi­cato dell’anticipazione, non dispo­nendo la mag­gio­ranza gover­na­tiva dei 180 voti neces­sari ad eleg­gere il pre­si­dente ed essendo dun­que neces­sa­rio scio­gliere le Camere. Ne ha sicuri solo 152, per­ché buona parte dei 24 depu­tati che nel frat­tempo sono usciti dalla coa­li­zione, molti del Pasok, non vote­ranno il can­di­dato pro­po­sto. Non per la per­sona, ma per­ché anche loro, ora­mai, vogliono le elezioni. Per Syriza è una vit­to­ria. E lo è per il paese: se vince la sini­stra la situa­zione sarà tutt’altro che facile, ma verrà inter­rotta la poli­tica che ha por­tato a que­sta che qui viene chia­mata “cata­strofe uma­ni­ta­ria”. Del resto la deci­sione del primo mini­stro Sama­ras è il segno che anche per il governo di destra quanto chiede la troika è diven­tato troppo e che la sua poli­tica è stata un fallimento. La sera, durante la grande cena col­let­tiva (in tempi di auste­rità ognuno aveva por­tato un piatto) orga­niz­zata nella sala della reda­zione di Epo­chi (il gior­nale che assai spesso ripub­blica arti­coli de il mani­fe­sto) l’entusiasmo e l’eccitazione per la sfida immi­nente era al cielo. E così l’indomani nella sede di Syriza, un edi­fi­cio che porta i segni del dif­fi­cile per­corso che ha por­tato alla crea­zione del nuovo par­tito: per­ché, prima d’ora, è stata la sede del Par­tito comu­ni­sta dell’interno, poi di Synapsismos. I com­pa­gni sono otti­mi­sti. I son­daggi sono posi­tivi. Le mobi­li­ta­zioni popo­lari con­ti­nuano ad essere inco­rag­gianti, anche se qui i sin­da­cati non ne sono i prin­ci­pali pro­ta­go­ni­sti, per­ché la loro rap­pre­sen­tanza è cir­co­scritta ai dipen­denti pub­blici, poco il set­tore pri­vato; e anche qui dilaga il pre­ca­riato. Gli stu­denti scen­dono in strada ad ogni occa­sione, anche se spesso con gli eccessi del neo anar­chi­smo che anche in Gre­cia con­qui­sta una parte della nuova gene­ra­zione. I timori comun­que non sono per il voto, Syriza è con­vinta della pro­pria popo­la­rità, di cui ha del resto con­ti­nue riprove. Frutto dell’immagine uni­ta­ria che la sini­stra qui è riu­scita a dare, che ha ricreato non solo un par­tito, ma soprat­tutto una comu­nità soli­dale, senza cui nes­suna for­ma­zione poli­tica rie­sce ad essere forte. E poi Syriza ha messo radici sul ter­ri­to­rio for­nendo sup­plenza là dove lo stato ha ormai tagliato: cen­tri medici, far­ma­ceu­tici, mense. Lavoro volon­ta­rio: potremmo chia­marle il ritorno alla vec­chia tra­di­zione del movi­mento ope­raio – società di mutuo soc­corso – oppure, per usare parole gram­sciane, riap­pro­pria­zione di pezzi di gestione sta­tale. Comun­que una espe­rienza straordinaria. Discu­tendo con i com­pa­gni si avverte tut­ta­via la pre­oc­cu­pa­zione del dopo, anche, anzi soprat­tutto in caso di vit­to­ria, la par­tita sarà dura. Ne sono tutti con­sa­pe­voli. E del resto è bastato leg­gere i gior­nali del mondo intero l’indomani dell’annuncio: caduta delle borse, ter­rore semi­nato ovun­que, bugie da ver­go­gnarsi, ivi com­presi sui più rispet­ta­bili quo­ti­diani ita­liani. Che dipin­gono Tsi­pras come chi vor­rebbe distrug­gere l’Europa e uscire dall’euro, attri­buen­do­gli cose che non ha mai detto, per­ché sem­bra che nes­suno si docu­menti più prima di scrivere. La paura non è in realtà per l’Europa, è per il peso che una vit­to­ria della sini­stra in Gre­cia potrebbe avere nell’indurre una svolta nella linea fin qui det­tata dai poten­tati euro­pei. Il ten­ta­tivo è iso­lare Syriza, come gli appe­stati. Col rischio che si ricorra a tutto. Anche alle pro­vo­ca­zioni. Se muore, come è pro­ba­bile, il ragazzo anar­chico incar­ce­rato per furto che sta pra­ti­cando da un mese lo scio­pero della fame per otte­nere il diritto di seguire i corsi uni­ver­si­tari anche se in galera, la capi­tale potrebbe cono­scere una pro­te­sta incon­te­ni­bile e la stra­te­gia della ten­sione potrebbe esser fomen­tata. Syriza è iso­lata nell’Europa degli attuali governi. Con insi­stenza tutti mi chie­dono se penso che Renzi potrebbe esser indotto a for­mare un blocco dei pesi medi­ter­ra­nei per trat­tare con più forza con la troika, un’ipotesi non pere­grina vista la forza che in Spa­gna, ma anche in Por­to­gallo, sta acqui­stando la sini­stra. Ho avuto imba­razzo a rispon­dere, quasi che por­tassi la respon­sa­bi­lità del nostro governo. Comun­que: davanti ai tanti com­pa­gni assie­pati nel tea­tro per la com­me­mo­ra­zione di Yan­nis Banas, tanti amici da mezzo secolo, mi sono sen­tita felice. «E’ la prima volta in mezzo secolo, da quando così spesso sono venuta qui per i vostri con­gressi o mani­fe­sta­zioni o ele­zioni o colpi di stato – gli ho detto –che invece di tro­vare una sini­stra minac­ciata, incar­ce­rata, fran­tu­mata, comun­que in dif­fi­coltà, trovo una sini­stra vit­to­riosa». E scher­zando ho aggiunto: «Tant’è vero che prima molti usa­vano andare a Mosca per pren­dere la linea, ora veniamo ad Atene». Dove, ne siamo certi, è migliore.

  da il manifesto del 11 dicembre 2014

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