Anziani non autosufficienti: molti annunci, troppi rinvii e riservate a pochi le nuove tutele.

per mino dentizzi
Autore originale del testo: MINO DENTIZZI

Il 23 marzo dello scorso anno è stata approvata, dopo un iter parlamentare straordinariamente rapido, la legge n. 33 (“Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”), con la quale si delegava il Governo a riordinare e a semplificare la moltitudine delle norme riguardanti la disabilità. È una legge un po’ abborracciata nella forma, ma positiva per il merito dei suoi contenuti e pregevole per il metodo.

Per il merito: si rivolge agli anziani non autosufficienti con una visione globale, mettendo a fuoco l’insieme degli interventi che devono riguardarli: quelli domiciliari, quelli residenziali e quelli monetari, e ponendo le fondamenta per migliorarli, valorizzarli e qualificarli.  Si immagina, infatti, un’assistenza domiciliare pensata su misura per gli anziani non autosufficienti e le loro necessità socio-sanitarie di lungo corso, non legate a singole prestazioni come è adesso; si prevedono forme di residenzialità di diversa tipologia, e con standard sia professionali sia alberghieri all’altezza dei bisogni delle persone assistite; si definisce la esigenza di nuove forme di prestazioni monetarie secondo la gravità del caso, la intensità del bisogno, la disponibilità di servizi qualificati, e distanti dal criterio dell’odierno assegno di indennità di accompagnamento uguale per tutti.

Per il metodo: la riforma è stata messa a punto accogliendo gran parte delle proposte provenienti da più di 60 fra enti e organizzazioni impegnati su questa tematica.

Ma al momento di passare alla fase dei decreti attuativi, destinati a dare corpo alla impalcatura di un provvedimento buono ma, in quanto legge-delega, ancora molto generico, la direzione del governo si è invertita e la riforma ha iniziato a palesare avvisaglie di progressivo indebolimento.

Il primo indizio negativo è stato la mancanza nella legge di bilancio di risorse dedicate: nessuna riforma rilevante può avvenire senza variazioni di bilancio e la mancanza di risorse è l’intoppo principale su cui si è insabbiata l’intesa delle Regioni. L’altro è la protesta delle Regioni stesse per non essere state assolutamente coinvolte nella elaborazione del provvedimento, neanche con una audizione.

E poi, ultimo segnale negativo, il decreto attuativo della legge-delega in materia di politiche a favore degli anziani, definitivamente approvato dal Governo italiano l’11 marzo 2024, non prevede nulla di quanto la riforma prometteva nelle linee generali, addirittura per diversi aspetti ne rappresenta il rovesciamento. Nessuna indicazione su un’assistenza domiciliare ad hoc per la non autosufficienza; un superficiale riferimento alla residenzialità per la quale, come per tanti altri problemi, si rimanda a ulteriori provvedimenti; e la ciliegina sulla torta, il capovolgimento dell’idea di una prestazione universale commisurata al bisogno assistenziale a fronte di un bonus previsto dal decreto e esibito come uno straordinario intervento di politica pubblica sugli anziani, che in realtà si limita a ristorare con poche centinaia di euro un numero assai contenuto di cittadini, over 80 e con ISEE non superiore a 6.000 euro. I fruitori, infatti, dei nuovi fondi saranno 24.000 su una platea di 3.8 milioni di ultrasessantacinquenni non autosufficienti (il numero può subire alcune limitate variazioni a seconda della modalità di raccolta dei dati) e di 1.6 milioni di fruitori dell’indennità di accompagnamento;

Insomma, quasi tutto da rifare. A questo esito scoraggiante si sarebbe potuto trovare un correttivo nel consentire e, anzi, favorire spazi di partecipazione a tutti quei soggetti rilevanti rispetto alla questione.

Ma questa volta le porte della partecipazione il governo ha preferito chiuderle, perdendo la grande opportunità di un processo riformatore condiviso e mettendosi nella condizione di ricevere a sua volta la porta in faccia da parte di tutte le Regioni.

 In conclusione, il decreto non prevede quella riforma complessiva sulla non autosufficienza prevista dal PNRR e già adottata da tanti paesi europei, ad esempio Germania (1995), Francia (2002), Spagna (2006). Eppure, l’Italia ha un estremo bisogno di una simile riforma.

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