Aspettando il ‘nuovo’, non solo la sentenza della Corte

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 24 gennaio 2017

Riformismo dall’alto, dice oggi Fassino. Riformismo senza soggetto, ha detto Andrea Rossi prossimo responsabile organizzazione del PD. Entrambi si riferivano ai tre anni di Renzi al governo e, implicitamente, al flop referendario. Non si tratta di due pericolosi trozkisti, ma di due della congrega renziana, quindi c’è da prestar fede alle loro parole. Che cosa vogliono dire le due formule? Che si è proceduto come se Palazzo Chigi fosse la stanza dei bottoni, una specie di plancia di comando pronta a intervenire sullo Stato e sulla società in totale distacco dal resto del Paese. Un’azione di governo i cui unici addentellati sociali erano i tweet del premier, le intemerate comunicative, la bulimia di discorsi, inaugurazioni, sfide, scommesse, lanci e rilanci. Sino al banco finale e alla sconfitta.

La domanda è: ma Renzi sarebbe in grado di avviare un riformismo dal basso, in sintonia col popolo? Risposta: no. Non è nelle sue corde. Come un istituto di sondaggi, Renzi è solo capace di sondare umori e opinioni, freddamente, nulla più. È solo capace di tatticismi. Politicismi. La società per Renzi non esiste, esistono soltanto dei numeri statistici. Come un’agenzia di comunicazione, confeziona messaggi nella speranza che buchino la coltre sociale, ma poi dietro quei messaggi c’è il vuoto di senso politico. Come tutti i neopolitici, aborre i partiti, e dunque si pregiudica a priori l’accesso mediato, corposo, concreto nella mente sociale, limitandosi alla pancia e nemmeno così bene. Di Renzi è fallito il progetto, non solo l’uomo. Non si è trattato solo di un difetto di comunicazione, ma di contenuti labili senza un impatto concreto sul Paese. Anzi.

Forse per Fassino Renzi è ancora una risorsa, evidentemente. Anche se tutta l’intervista di oggi al Corriere è una specie di avvertimento franceschiniano. Uno ‘stai sereno’ 2.0. Serve una coalizione, serve un’alleanza, nessuna autosufficienza, la condizione della solitudine prepara la sconfitta: questa la linea fassiniana. Chiaro il messaggio. Per il resto siamo ancora al nuovismo: “La sinistra deve trovare un pensiero e una strategia nuovi”, dice l’ex segretario DS, oggi ultras della maggioranza PD. Siamo ancora al ‘post-‘, quindi, alla novità da indicare e decifrare, alla nebulosa ricerca di idee e culture oltre il povero e negletto novecento. Una ricerca che appare scombinata, inefficace, con pochi risultati, se è vero che da tre anni il PD è diretto da un uomo che pensa alla cultura politica come una zavorra, visto che non si è mai posto il problema di averne una. E se il ‘nuovo’ fosse semplicemente un vuoto, un ‘post-‘ infinito, una lacuna impossibile da colmare, un Godot, una chimera, un’utopia? Una scatola vuota, insomma, ripiena di niente, al più di retoriche esortazioni da parte di pessime leadership conseguentemente perdenti?

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