Cacciari, Dr. Jekill e Mr. Hyde

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Cacciari, Dr. Jekill e Mr. Hyde
Ho letto una Adn Kronos che riporta le affermazioni fatte da Massimo Cacciari a ‘Piazza Pulita’. Cacciari se la prende genericamente con gli “statali” (ritengo intenda insegnanti, infermieri, forze dell’ordine, autisti del TPL, spazzini, non solo i maledetti impiegati), colpevoli di non pagare la crisi e di lasciare l’intero onere a tutti gli altri. Ma “prima o poi arriveranno a voi, per forza”, quasi minaccia, “e io spero che arrivino presto, continua, perché è intollerabile che questa crisi la paghi la metà della popolazione italiana”. Quindi chiede al governo cosa intenda fare a favore di chi è colpito dalla crisi e dove andrà a cercare le risorse”.
Beh, se Cacciari usasse l’intelligenza non solo per scrivere i suoi libri, e non si facesse accecare dalla sua stessa passione o ira, forse capirebbe che la risposta è nella sua stessa domanda. Il governo prende i soldi per i “ristori”, i bonus, gli aiuti, i sussidi, gli sgravi, o i bonus dal suo patrimonio fiscale e dai conti pubblici, mica li tira fuori dal cilindro come se fossero conigli. E quel patrimonio fiscale è il prodotto di quanto è prelevato ai “contribuenti”, sono le tasse insomma, che, come saprà Cacciari quando fa il filosofo e non quando sproloquia in tv o al bar, sono il frutto di un prelievo in massimissima parte effettuato sugli stipendi (miseri) dei dipendenti e sulle pensioni.
Insomma, a essere seri, la crisi e i ristori li hanno già pagati, li pagano e li pagheranno i contribuenti, leggi in massima parte i dipendenti pubblici e i pensionati (oltre che quelli privati, quando i loro datori di lavoro li mettono in regola e non li pagano con i fuori busta oppure non li facciano lavorare anche se cassintegrati). Il debito pubblico italiano, cresciuto nel frattempo di qualche decina di miliardi di euro a seguito della crisi, peraltro, non verrà mica risanato dal fatturato dei bar (ma quando mai), ma sempre con le tasse pagate dai dipendenti e dai pensionati di cui sopra. Anche perché il gruzzolo europeo non può certo essere destinato a ripianare debiti o a diffondersi a spanne tra chi otterrà i ristori, com’è giusto che sia peraltro.
In questo senso Cacciari si risponde da solo quando chiede al governo dove troverà le risorse per pagare le fasce sociali più in crisi. Li troverà proprio nelle tasche di coloro verso cui il filosofo esige che il governo si accanisca. Ma sarebbe un doppio accanimento: da una parte gli “statali” già finanziano il patrimonio fiscale, eppure dall’altra il loro scarno stipendio dovrebbe subire un prelievo forzoso (senza contare che, se mi riduci lo stipendio, pagherò meno tasse e quelle risorse pubbliche caleranno). Mi chiedo davvero perché una testa come la sua debba sottoporsi al circo mediatico, gettando fango sul carattere illustre dello studioso, invece che lasciarci opere imperiture. E poi, dire che c’è una metà del Paese contro un’altra metà, quando le effettive quote non sono nemmeno queste – nonché dire, quasi incitare, che si arrivi presto agli “statali” – beh, se non sono parole leghiste queste, quali altre sono? È così che si opera a contrapporre i presunti garantiti (cioè i dipendenti pubblici, tra cui infermieri, forze dell’ordine, autisti del TPL, ecc.) ai non garantiti (imprenditori e commercianti, per dire).
Caro Cacciari, a questo Paese manca il senso della solidarietà, mancano i legami sociali, manca una visione collettiva e comunitaria. Se non ci fossero i soldi tassati dei dipendenti e dei pensionati, oggi baristi e paninari non avrebbero ristori, la sanità pubblica sarebbe morta e i lavoratori precari e in nero (la cui esistenza dipende in moltissima proprio dai non garantiti di cui sopra, e dei quali questi ultimi si fanno pure scudo ipocritamente) sarebbero in mezzo a una strada più di quanto purtroppo già non siano. Quindi calma e gesso. E meno male che al governo non ci stanno gli urlatori ma chi pensa a queste cose nella misura giusta e con la calma dovuta.
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