«Comunque è lei, la Schlein, a questo punto, la naturale candidata premier del centrosinistra. È quella che, all’opposizione, ha la quota di consenso più forte. Se ce la vedo a Palazzo Chigi?» (qui Cacciari sbuffa). «Senta: la Schlein è certamente migliore di tanti incapaci che girano per l’Europa fingendo di governarla. No, il problema non sono le sue capacità, anche perché poi il ruolo ti conferisce, quasi sempre, anche un po’ di autorevolezza. Il problema è che tutti quelli che stanno all’opposizione devono capire urgentemente che l’unica direzione possibile è quella di mettersi insieme. Pure Conte, che non è stupido, lo sa. I 5 Stelle sono in difficoltà e… l’Appendino non è una soluzione, non scherziamo. Resterà Conte. Lui, la Schlein e tutti gli altri devono trovare un accordo e… Se mi piace il termine “campo largo”? Boh, ma che ne so? Lo chiami come preferisce. L’importante è che, dopo essersi compattati, passino dal politichese alla politica: buttando giù un serio programma che fornisca soluzioni ai problemi economici del Paese, indicando, anche e direi soprattutto, una precisa strategia su come posizionarsi nella scena internazionale…» (la linea va via, torna, va via, ritorna: Cacciari bofonchia). «Cosa dice? Vuol sapere di Renzi in tutto questo? Mi è simpatico, è un pazzo sublime, Renzi è quello che ha il biglietto vincente della lotteria e lo butta, però è uno che sa di politica, l’ha fatta… Francamente, è di un’altra categoria. Dopo averle provate tutte, persino di accroccare un centro con quel megalomane di Calenda, ora comprende che l’unica possibilità è di rimettersi con il Pd. Calenda? No, senta, abbia pazienza: non aggiungo mezza parola su Calenda, guardi che io sto lavorando su Kafka...».

(Perché poi quello che parla di politica anche alla tivù — e che ogni tanto s’appassiona e deflagra, e la collera arriva a trasfigurarlo — è un filosofo formatosi con Nietzsche, Heidegger e Wittgenstein, che ha indagato su Dio e sull’Europa, sulla classe operaia e sulla borghesia, autore di libri magnifici — da non perdere, per Einaudi, un saggio sull’Umanesimo: La mente inquieta — deputato del Pci, eurodeputato, tre volte sindaco della sua Venezia, un’allergia al buonismo fru fru, all’ovvio, a 80 anni ancora snob al punto giusto, l’inverno in tweed e l’estate con polo color pastello, erre alla francese, appassionato di tarocchi, leggermente superstizioso, fortemente sospettato di essere un formidabile seduttore).

«Comunque: sa perché l’opposizione deve tenersi pronta? Perché il governo può cadere entro l’anno. E potremmo tornare a votare. È evidente a tutti che la Meloni sia molto, ma molto meno forte. Un po’ per le pressioni di pezzi ottusi del suo partito, un po’ per non darla vinta a Salvini, non se l’è sentita di fare un passo coraggioso e votare per il rinnovo della von der Leyen. Il risultato è che Salvini continua ad azzannarla ogni giorno e lei, intanto, è subito diventata assai più debole in Europa. Non solo. Il governo, che guida con un esecutivo a dir poco imbarazzante, è atteso da appuntamenti drammatici: dovrà scrivere una Finanziaria tra le più difficili degli ultimi decenni, con i conti pubblici che sono per aria, un debito di 3 mila miliardi, una procedura d’infrazione per deficit eccessivo, un Pnrr ancora a capocchia e in più i casini di ordinaria amministrazione come la Rai e via dicendo. A tutto questo, poi, aggiungiamo la posizione della famiglia Berlusconi» (pausa, ancora le campane).

«… Parliamoci chiaro: nessun grande imprenditore può pensare di staccarsi dai poteri forti europei e atlantici. Vuole che Marina e Pier Silvio non si ricordino di come fu mandato a casa il padre? Lo sanno bene come funziona la manopola dello spread. Se i mercati decidono di girarla e alzarlo, in due pomeriggi esci da Palazzo Chigi. È per questo che i Berlusconi non hanno alcuna intenzione di andare dietro a personaggi come quel Vannacci, né di assecondare certi pericolosi rigurgiti sovranisti di Giorgia. E poi, insomma: penso che i Berlusconi si siano anche un po’ scocciati di dover continuare a stare nel centrodestra per forza, per tradizione, perché è lì che vuole ancora rimanere Tajani… La verità è che soffrono. Stanno stretti. E hanno una sola ambizione: far parte di un governo solido, credibile in Europa, ben voluto dai mercati, che pensi al bene dell’Italia e non vada dietro ai capricci di Salvini… Di uno come Salvini, capito?».