di Giuseppe Civati – 24 luglio 2017
A ogni costo ma non a tutti i costi
Leggo commenti preoccupati per l’intervista che ho concesso a Antonello Caporale per il Fatto Quotidiano.
Ci ritorno per punti:
Non sono disposto a tutto, ma solo alle cose in cui credo. Se riusciremo a fare un progetto credibile, sotto il profilo politico e elettorale, e prima ancora culturale, ci sarò con la passione e la gioia di sempre. Altrimenti è meglio rinunciare. Lo penso profondamente. Proprio in ragione di una certa coerenza di comportamenti, di stile e soprattutto di contenuti che ho sempre voluto mantenere.
C’è vita oltre alla politica, soprattutto se prevalgono opportunismi e conformismi, come è accaduto in questi anni. A chi dice che non sappiamo rinunciare alla poltrona, nonostante provenga da una zona famosa per i mobilifici, rispondo con serenità.
Nel paese più emotivo del mondo, non è il caso di peggiorare la situazione: le differenze con Renzi sono dettate da questioni politiche essenziali e dalla cultura politica, non certo dall’inimicizia o dal «rancore». Non siamo in una soap opera.
Lo stesso vale per la lista a sinistra: non è con inimicizie, idiosincrasie e narcisismi che faremo bene le cose. Non parlando del passato, anche quello remoto, ma del futuro. Sembriamo revenant, a volte. E delle soluzioni che proponiamo. Vedo molte tifoserie e poca progettualità. Molto nervosismo, anche, fine a se stesso.
Parlar male degli altri è uno sport molto italiano e purtroppo anche di sinistra. Non prenderemo voti dicendo che gli altri sono «brutti» (e per carità lo sono), ma con un messaggio nitido, una pratica generosa, un manifesto impegnativo.
Non è la presente una riflessione esistenzialista, anche se Caporale si è molto soffermato sugli aspetti personali (però sinceri), ma politica.
Ricordo, peraltro, che la mia ricetta è (più o meno da un secolo) basata sull’autonomia e l’unità (che per me sono un’endiadi). Su un manifesto programmatico che, diversamente da altri che lo promettono o lo minacciano, stiamo scrivendo. Insisto perché penso sia giusto, non perché mi converrebbe (appunto).
Da ultimo, ricordo che sono uscito dallo «schema» quando lo schema era popolarissimo, tutti salivano sul carro del vincitore fino a sfondarlo, e non si capiva perché esprimessi dubbi su leggi elettorali (incostituzionali), ‘riforme’ scritte male (e bocciatissime), scelte improvvide che hanno solo dato fiato alla destra in tutte le sue forme e ai suoi argomenti. Così, per ricapitolare.