Contratti e programmi. La politica privatizzata

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

Il nuovo.

Contratto di governo, contratto con gli italiani, Patto del Nazareno, raccolta di firme dal notaio, patto segreto, premier terzo, pacche sulle spalle, ammiccamenti, occhiolini, né destra né sinistra, disintermediare, ‘ti spezzo le gambe’, rottamare, apericena, premio di maggioranza, cene eleganti, bonus, 40%. Nuove forme della politica al tempo delle mucche in corridoio. (Alfredo Morganti)

di Alfredo Morganti – 17 maggio 2018

Il governo Salvini-Di Maio, se ci sarà e se nel caso durerà, sarà davvero un inedito. Per almeno una ragione: il vecchio programma di governo, quello che nasceva al termine di faticose trattative tra i partiti della coalizione al tempo della Prima Repubblica, oggi è diventato un contratto. Un contratto che impegna direttamente i contraenti, in termini privati e l’un l’altro dinanzi a un notaio, piuttosto che verso l’opinione pubblica. Almeno il contratto di Berlusconi era un atto unilaterale, un impegno sottoscritto che si rivolgeva direttamente agli italiani, dunque ancora un gesto pubblico, non fosse altro perché il referente erano i cittadini e il corpo elettorale nella sua articolazione complessiva. Qui no, qui l’affare riguarda i sottoscrittori, l’impegno è bilaterale, il patto è biunivoco, gli italiani sono solo spettatori, come allo stadio, come a teatro o dinanzi a una TV.

Nulla di nuovo, a dire il vero. Cos’era il patto del Nazareno, il patto segreto Renzi – Berlusconi, se non un impegno reciproco tra i due, un ‘contratto’ a tutti gli effetti, di cui peraltro gli italiani non conobbero (ma intuirono!) il contenuto? Il contratto Di Maio/Salvini rientra quindi in un novero antecedente di atti privati di valenza pubblica che hanno già mutato il DNA della politica italiana. Che sta divenendo una sorta di regime pattizio, in cui accordi, strette di mano, pacche sulle spalle, occhiolini, ammiccamenti, sorrisi e abbracci di Matteo, Silvio, Luigi sostituiscono l’impegno comune, diretto verso i cittadini, e la presa di responsabilità dinanzi all’opinione pubblica. Se non è crisi catacombale della politica questa, allora cos’altro?

L’esito naturale di questo processo che ha coinvolto e coinvolge tutti i massimi protagonisti della politica italiana è solo uno, a questo punto. Ossia la privatizzazione delle relazioni pubbliche: dopo le aziende di Stato, dopo le risorse nazionali, ora tocca ai rapporti politici. La politica stessa perde di verticalità possibile tra Stato e Popolo, transitando per partiti e istituzioni, e si riduce a una rete fitta, dispersa di legami orizzontali incardinati al vertice dello Stato, e a un sistema di contrattualizzazioni incrociate dinanzi a notai ‘terzi’ (proprio come il premier terzo, ‘esecutivo’, una figura ‘neutrale’ perché fuori da ogni regime di rappresentanza e, quindi, mero certificatore di un patto privato già intercorso). In fondo, crisi della rappresentanza e carattere contrattualistico e notabilare della politica sono tutt’uno.

Laddove il popolo non è più rappresentato o non può più rappresentare alcunché, e i partiti sono morti, i vertici della politica (in una logica maggioritaria, da Seconda Repubblica) è come se si ‘sganciassero’ dalla base della sovranità per stringersi la mano ed ammiccare su questo o quel punto. E poco importa che il contenuto del contratto sia segreto (Renzi/Berlusconi) o sin troppo pubblico, al punto da lasciare disorientati (Di Maio/Salvini). Conta che la politica si privatizzi, e un notaio ‘terzo’ (un premier 2.0 di nuova generazione) si adoperi in modo solerte a certificare l’autenticità delle firme e a curare il rispetto delle regoli formali dell’atto. Un notaio, si badi, che è già comparso a Roma a certificare formalmente la fine del Sindaco Marino. Un notaio che è chiamato ad agire in direzione ostinata e contraria rispetto al diritto alla rappresentanza da parte dei cittadini, per aprire di getto nuove fasi politiche, va detto, una più scombiccherata dell’altra. Tutto torna in fondo, soprattutto il male.

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