Così Donald Trump fa nascere il sovranismo europeo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Flavia Perina
Fonte: La stampa

Così Donald Trump fa nascere il sovranismo europeo

Le mosse del presidente Usa hanno dato una spinta all’Unione e in Italia hanno spiazzato il nazionalismo della destra e il pacifismo progressista. Ora i confini superano i singoli Stati sia sulla Difesa che sui migranti

Fino a pochi giorni fa “sovranismo europeo” era un ossimoro per intellettuali, buono per qualche saggio o qualche intervento da talk show con replica sarcastica garantita: l’Europa dei burocrati, l’Europa che misura le vongole e regola il diametro delle zucchine, l’Europa lenta, stupida, divisa, figuriamoci. Il discorso dei cento giorni di Ursula von der Leyen rivela che l’ossimoro si è trasformato in una possibilità politica. La definiscono gli stessi paletti che, finora, hanno qualificato ogni sovranismo nazionale: la difesa dei confini, il rimpatrio degli immigrati clandestini, la tutela dell’identità profonda dei popoli europei.

Nella visione della Commissione Ue queste tre linee di azione tracciano un perimetro che non riguarda più le singole nazioni, l’Italia, la Francia, la Germania, e ovviamente i cugini dell’Est che hanno creduto alla promessa europea, ma il grande spazio politico-economico comune costruito fin dagli anni Cinquanta con i Trattati di Roma. È una svolta spiazzante. Il nuovo racconto d’Europa sconquassa ogni tradizionale filiera politica del continente: il nazionalismo strapaesano della destra, il pacifismo di marca progressista, ma soprattutto gli orizzonti del “sovranismo doc”: quello che si è nutrito delle critiche all’Europa delle vongole e delle zucchine e adesso si trova davanti un’Europa delle armi, dei rimpatri e dell’orgoglio identitario.

 

I pessimisti dicono: ambizioni esagerate, finiranno in fumo, è una commedia già vista. E tuttavia, mica tanto. Nel film a cui assistiamo da 45 giorni c’è qualcosa di assolutamente inedito e imprevisto. C’è una Russia che riscopre la guerra calda – «Ci riprendiamo ciò che è nostro» dice Vladimir Putin – e un’America che pare incoraggiarla ritirandosi dal fronte o addirittura lavorando perché Mosca avanzi più in fretta. C’è una Casa Bianca che rompe il tabù Natovaluta il disimpegno di truppe dalla Germania, ferma i programmi di esercitazioni militari comuni. C’è l’alleato incrollabile del Vecchio Continente che all’improvviso minaccia dazi punitivi, offre aperto sostegno ai partiti antieuropei e filorussi come l’Afd, irride le nazioni che hanno combattuto per anni al suo fianco. Molto di più di un campanello d’allarme, una sirena, il rombo di uno tsunami: il rombo che ha svegliato l’Unione.

 

 

Lo scarto del sistema-Europa, ma non solo – anche la Gran Bretagna torna in gioco con l’Unione, anche il Canada rinsalda i rapporti – era altrettanto inimmaginabile della svolta americana. Già si prevedeva la fila dei singoli premier alla Casa Bianca per chiedere deroghe, rapporti privilegiati, corsie di dialogo a due, ed è persino probabile che qualche tentativo ci sia stato. Ma, in tutta evidenza, è finito male. «Bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà», dice una vecchia canzone che tutti abbiamo intonato. Ecco, l’Europa magari ci è arrivata per contrarietà ma ci è arrivata. «Tempi straordinari richiedono misure straordinarie» dice Von der Leyen, e non c’è solo la difesa comune con un’apertura al debito comunitario, ma anche norme unificate per il rimpatrio degli immigrati irregolari e la prima convocazione del Collegio di Sicurezza, l’organismo deputato a difendere non solo i confini ma anche i commerci, l’agricoltura, i sistemi energetici in una visione larga del tema della salvaguardia degli interessi continentali. C’è, più oltre, una sintetica e precisa definizione dei valori europei minacciati – libertà, democrazia, stato di diritto – che suona come una risposta agli attacchi del vice-presidente Usa J.D. Vance e dello stesso Donald Trump.

 

In Italia, toccherà aggiornare la critiche e riqualificare le posizioni. Giorgia Meloni ha l’opportunità di trasformare i suoi Fratelli d’Italia in Fratelli d’Europa, far rivivere la vecchia canzone della destra europeista sulla “pace di aratro e di spada” e gettare il cuore oltre l’ostacolo di un Matteo Salvini incapace di svincolarsi dalle simpatie russe. I paletti piazzati da Von der Leyen, in fondo, corrispondono in pieno alla storica richiesta della destra italiana perché l’Europa evolva come soggetto politico forte anziché ristagnare come realtà burocratica e tecnocraticaPer Elly Schlein lo sforzo di adeguamento sarà più complicato e forse non sarà neanche tentato: tutto fa pensare che abbia scelto il fronte di una critica pacifista alle scelte europee, guardando soprattutto ai potenziali accordi di coalizione col M5S.

Ma il guaio vero sarà per i sovranisti doc, le forze nostrane e continentali che hanno fondato la loro ostilità all’Europa sulle invettive contro «l’Unione degli imbelli», quelli che hanno scommesso sul trumpismo pensando: ora tocca a noi. Il loro capo, Viktor Orban, è stato messo all’angolo, il suo diritto di veto bypassato e forse annientato per sempre. Il loro guru d’Oltreoceano non se li fila. Gli endorsement Usa per Afd hanno prodotto esiti opposti alle speranze: resurrezione dei moderati e governo di solidarietà nazionale. La nuova offensiva di Putin spaventa i loro elettori. Cosa racconteranno adesso, in questi tempi eccezionali che hanno depennato per sempre il tema “zucchine e vongole”?

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.