di Lillo Colaleo, militante dei Giovani Democratici e del Partito Democratico, 17 luglio 2015
“La Borsellino va fatta fuori, come suo padre“. A parlare è Matteo Tutino, primario di Chirurgia plastica di Villa Sofia a Palermo, sotto indagine per aver utilizzato la struttura pubblica per interventi non previsti dal servizio sanitario. Dall’altro lato, al telefono, un suo intimo amico: Rosario Crocetta, il Presidente della Regione Siciliana. Stanno parlando di Lucia Borsellino, figlia del noto magistrato assassinato dalla Mafia nella strage in Via D’Amelio. Tra pochi giorni, il 19 Luglio, sono i 23 anni da quella terribile data. La discussione è surreale, agghiacciante.
“Non ci sono più i motivi”, aveva detto la Borsellino, con riguardo alla partecipazione al Governo Crocetta, poi si era dimessa. Ma la Rivoluzione siciliana si era già arenata prima senza essersi mai spinta a largo. Ormai ridotta ad un continuo spettacolo, quello del Presidente matador contro tutto e tutti, la guasconeria impudente e sboccata non è riuscita a nascondere la cortigianeria di palazzo. La discontinuità rispetto al passato autonomista, tanto desiderata, non c’è stata: proclami, commissariamenti, continui tam tam, promesse, illazioni, dilettantismo e cialtroneria dosati dalla Fortezza presidenziale al piazzale circostante.
“Forse c’era una zona d’ombra”, la replica di Crocetta. Più che una zona d’ombra, diciamo che c‘è il deserto dei Tartari. Un panorama desolato senza più prospettive che ci mostra l’immagine di un Crocetta ormai distaccato e lontano dalla realtà, esaurito ed esautorato, tutto raccolto nella sua ossessione di essere assediato da una miriade di nemici. E dunque bisognoso di circondarsi di amici, senza più una logica razionale, in un gioco ossessivo delle parti che non riesce più a trovare sfogo.
Il Partito Democratico in tutto ciò deve necessariamente prendere le distanze. A poche ore dalla richiesta di archiviazione della Procura nei confronti del capogruppo Antonello Cracolici per l’indagine relativa alle spese dei gruppi parlamentari nella scorsa legislatura, cosa che ci permette di affermare la totale correttezza e la totale estraneità del PD allo scandalo sulle spese folli all’ARS, non sembra il caso di sputare sangue ed ergersi a scudo di un Crocetta che abbiamo candidato, ma che ci ha subito rinnegato il giorno dopo la sua elezioni. E che nella sua folle lotta solitaria ha costruito un Governo della regione che è stato capace di fare poco e male, tutto a danno delle speranze e delle esigenze delle siciliane e dei siciliani.
L’ultima direzione del Partito Democratico, d’altra parte, è stata chiarissima, per non dire durissima su questo punto. Basta, la misura ormai è colma, ed non ha senso assumersi le responsabilità del governo di qualcosa che non abbiamo mai davvero del tutto governato. Le ultime scelte compiute, di rimessa, hanno finito per far partorire alla montagna il topolino, col rischio di addossarci le colpe e le bassezze di qualcuno che aveva preferito, per parte sua, stare altrove. Rischieremmo di fare due, tre, quattro, cinque, sei passi indietro, senza mai operare nessuna vera svolta, mai una vera discontinuità, ripetendo sempre il medesimo carosello, con le sempre medesime e puntuali precisazioni e contestazioni, ricorrenti per tutti, persino per chi, Giovane Democratico, votò, in direzione regionale dei Giovani Democratici, un documento, ormai lontano nella memoria e nel tempo, che chiedeva già dal 2013 un decisivo cambio di passo. Non c’erano già i motivi per continuare, figuriamoci se ci sono adesso per riuscire anche solo da ipotizzare o a fantasticare su un qualche possibile risolutivo passo in avanti.
Questo telefilm però deve avere un finale, che ci permetta di uscire fuori dalla desolazione, da deserto dei Tartari, che Crocetta ha in questi anni realizzato. Bisogna chiedersi se non sia meglio farla finita, con un trancio netto, una coraggiosa presa di distanza, un addio senza arrivederci che ponga fine a questo progressivo degrado. Non ci sono più motivi politici per sostenere il governo e queste parole, questi macigni, sanciscono una lacerazione morale e politica che non sarà facilmente rimarginabile.
Il Partito Democratico deve staccare la spina a Rosario Crocetta.Chiuderla qui, senza se e senza, approntare un nuovo progetto e rivolgersi agli elettori con coraggio e determinzione. I Giovani Democratici, di cui faccio parte, dovrebbero in tutto questo prendere una più netta e forte posizione e fungere da motore propulsivo per una battaglia verso il cambiamento, verso il progresso, verso una rivoluzione vera, reale, concreta della Sicilia in favore delle siciliane e dei siciliani.
Mai più spettacolo. Mai più passi indietro. Mai più attendere. Perché il buio e l’attesa, diceva, Faletti, hanno lo stesso colore.