Fonte: La Giustizia
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Lucia Abbatantuono 13 Febbraio 2025
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C’è un refrain che non suonano a Sanremo, ma che ormai da tempo gli esponenti dell’attuale Destra italiota ci costringono ad ascoltare in tutte le loro dichiarazioni.
“Lavoriamo spediti perché siamo stati eletti dal popolo“. Oppure “andiamo avanti per la nostra strada perché lo hanno deciso i cittadini“. E varianti simili.
Ma avete mai sentito un De Gasperi dirlo? Oppure un Craxi? E se il paragone vi risultasse troppo impietoso, allora vi chiedo: avete mai sentito Almirante rivolgersi così al pubblico?
Non credo affatto. Il punto è che lor signori si sentono unti non dal Signore, (a quello ci pensa il grande amico Trump), ma dal voto popolare.
Qualcuno dovrebbe spiegar loro che il meccanismo elettorale non equivale al delfinato, quel principio tanto caro ai monarchici che, comunque, dicono sia stato cancellato da decine di rivoluzioni e migliaia di martiri della libertà.
Ogni volta che uno di loro si presenta alle telecamere, o parla in radio, o fa scrivere di sé sui giornali, parte il dannatissimo becero ritornello.
I vincitori sul carro meloniano dimenticano tutto il resto. E troppo spesso tutto il resto è quello che fa la differenza tra un buon governo e una dittatura. Perché dimenticano l’ABC della vera democrazia
Invece noi non possiamo né vogliamo dimenticare che solo troppo poco tempo fa, neanche un secolo fa, un certo signore chiamato Benito Amilcare Andrea Mussolini è riuscito ad arrivare al potere esattamente con lo stesso fuorviante slogan.
Era lui che, in ogni pubblica adunanza e in ogni piazza, urlava: “Vado avanti dritto perché ho il voto del popolo“.
Chi gli ha dato ragione era davvero edotto sul tema? A quei tempi il livello medio di cultura degli italiani era molto più basso rispetto a quello attuale. Eppure non si spiega altrimenti, allora come ora, come abbiano potuto talmente tanti italiani dar credito a certe fandonie. Fandonie che non hanno alcun fondamento in nessuno dei testi “sacri” del diritto costituzionale, pubblico e amministrativo.
Oppure dobbiamo rifarci ai dati ISTAT, che ci definiscono come una nazione tra quelle col più alto tasso di analfabeti funzionali? Definizione edulcorata per descrivere quelli che hanno studiato poco o male. Quelli che la Storia se la raccontano al bar sotto casa. Quelli che la carta costituzionale non sanno neanche cosa sia. Quelli che non sanno assolutamente nulla di come dovrebbe funzionare la politica. Ma senza scomodare la Politica o l’Istat, alla fine basterebbe avere un minimo di buon senso.
Se sono eletto, posso comunque permettermi di governare una nazione come se fossi un Dio, o un monarca, o un dittatore (appunto)?
Esiste un principio, neanche troppo aulico, che si chiama ”contemperanza degli interessi”.
E ne esiste un’altra chiamata solidarietà, che fa coppia con la Buona amministrazione. Infine, c’è qualcos’altro che ha a che fare con la lungimiranza: come piace ricordare spesso a Bersani: “sono diventati tutti miopi”. Ma nell’affermare che si tratta solo di mancanza di lungimiranza al contempo riduciamo la portata di ciò che, invece, è un problema esplosivo.
Ed è il problema centrale sia di questi tempi che di questi politicanti: signore e signori, non siamo più in buona compagnia. Non esistono statisti dotati di una visione completa e complessa dell’avvenire. Esistono soltanto piccoli arrivisti manipolatori trasformisti, pronti ad azzannarsi l’un con l’altro per portarsi a casa fino all’ultimo ossicino rimasto su un piatto chiamato potere. Con le dovute eccezioni, in cui riponiamo le nostre speranze.
Servirebbe una novella Didone, quella che (pur solo con una pelle di bue e facendo alta anfibologia) riuscì a dotarsi un territorio sufficiente a fondare la gloria di Cartagine.
Oppure ricordiamo Nenni: “Se tutto sarà difficile, niente sarà veramente impossibile“. Oggi che è tutto difficile, caro Pietro, allora non ci resta che fare l’impossibile