Dentro il Pd Lotti e Guerini stanno creando un altro partito

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Giuseppe Alberto Falci
Fonte: huffingtonpost

di Giuseppe Alberto Falci

Seguite l’organigramma: c’è un coordinatore nazionale, un portavoce, e ci sono anche i coordinatori regionali. E osservate il timing: appena due giorni dopo la celebrazione del renzismo alla Leopolda. Pare un partito, e invece stiamo parlando di una corrente, quella dei cosiddetti renziani che sono rimasti dentro il Nazareno. Eccola Base Riformista, la corrente del duo Lorenzo Guerini e Luca Lotti, il primo al governo Conte, impegnato nel ruolo di ministro della Difesa, il secondo, deputato semplice. Altro che fine del partito delle correnti. Sembra quasi invece che Base Riformista abbia celebrato un congresso negli stessi giorni del raduno renziano. Il coordinatore nazionale è Alessandro Alfieri, il senatore di Varese guiderà le truppe di Lotti e Guerini, con l’obiettivo di rendere maggiormente efficace la spinta riformatrice all’interno del Pd e di conseguenza rafforzarla. E ancora: toccherà invece ad Andrea Romano il ruolo di portavoce. Ma non finisce qui. Perché c’è una sfilza di coordinatori regionali a completare il puzzle. Fra gli altri, Carmelo Miceli in Sicilia, Stefano Collina in Emilia Romagna, Enrico Borghi in Piemonte. Ci manca solo il tesoriere e il partito è servito.

Un partito nel partito, si direbbe. “No, no. E’ più semplicemente l’organizzazione di un’area politico-culturale”, spiega Andrea Romano, il portavoce di Base Riformista, che risponde alla buvette di Montecitorio mentre sorseggia una spremuta di arancia. “L’alleanza con i cinquestelle e la nascita di Italia Viva rendono indispensabile il rafforzamento del profilo riformista del Pd”, insiste Romano. Eppure dietro tutte le rassicurazioni del caso che i basisti diffondono nei capannelli di Montecitorio. Del tipo: “noi dobbiamo essere intransigenti nei confronti di Italia Viva”, “la Boschi ha sbagliato a definire il Pd il partito delle tasse”, “tu non puoi sparare contro il partito dove sei stato fino a due giorni fa”.

Ecco, dietro tutte queste rassicurazione si nascondono i dubbi, le perplessità di mezzo partito. Perché in fondo Base Riformista resta la corrente, l’area di riferimento di chi fino all’altro ieri stava con il guastafeste Matteo Renzi. Allora impazzano i retroscena. E se si nascondesse l’ex premier di Rignano sull’Arno? Se fosse una mossa per ingrossare le truppe e poi migrare in Italia Viva? “Noi non saremo Pierini, i guastafeste”, rassicura Romano. Dicevamo che stona il timing, non solo perché arriva all’indomani della Leopolda, ma anche perché arriva esattamente a una settimana dalla direzione dei democratici nella quale il segretario Nicola Zingaretti ha evocato l’azzeramento della segreteria. Di fatto un’apertura a chi come Base Riformista non aveva sostenuto al congresso l’attuale vertice del Nazareno. Per non parlare dell’uscita ieri di Andrea Marcucci al Corriere della Sera: “Il nostro problema non può diventare il leader di Italia Viva”. Un’uscita che sembrava una carezza nei confronti dell’ex premier Renzi, ma soprattutto una tirata di orecchie a chi nel Pd replica con durezza all’ex sindaco di Firenze.

E allora non è certo un caso se in Transatlantico pezzi da novanta del Pd rumoreggiano e dicono: “Più che una riorganizzazione sembra una prova di forza di Lotti. Perché un conto è fare una corrente, un altro è nominare i segretari regionali. Adesso bisogna capire quali saranno le contromosse di Zingaretti”. Boom. Ma qual è la ragione di tutto questo? Dalle parti di Zingaretti sono convinti che la riorganizzazione di Base Riformista sia stata più per evitare la fuga di parlamentari, amministratori, dirigenti locali verso Italia Viva.  Anche perché, confidano, “la campagna acquisti di Renzi è attiva 24 ore su 24”. E allora nel partito delle correnti, ci mancava solo il partito nel partito. Olè.

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