di Alfredo Morganti – 15 maggio 2016
Giorni fa Ezio Mauro ha descritto il confronto tra PD e M5S sulla cosiddetta ‘questione morale’ come un “derby quotidiano e miserabile”. Oggi sempre ‘Repubblica’ titola l’ultimo capitolo dello scontro in termini inequivocabili: “Rissa tra PD e 5Stelle”. È un titolo che descrive in modo molto efficace cosa sia diventato il confronto politico in Italia. Uno starnazzare fatto di batti e ribatti che non dice nulla di serio a nessuno, se non agli appartenenti ai clan in lizza. Uno spettacolo misero che Mauro, definendolo ‘derby’, mostra per quel che è, una partita tra squadre simili, senza differenze specifiche.
Eppure pensate, oggi taluni considerano la politica solo un’occasione di litigio. Il premier per primo, invita spesso a lavorare per il bene del Paese, oltre le distinzioni, oltre le parti, affinché cessino le ‘risse’ e le polemiche fini a se stesse. Ma la politica, quella vera, quella prodotta da un sistema dei partiti, da istituzioni rappresentative, da grandi dirigenti e statisti non ha mai prodotto ‘risse’, litigi, nevrastenie, ma dibattito pubblico sui grandi temi nazionali e internazionali, ha stimolato l’opinione pubblica, facendo crescere il tasso di consapevolezza politica dei cittadini, unificati nella forma di un popolo attento alle questioni che riguardano il bene pubblico (le astensioni crescenti dimostrano invece il distacco).
Le risse, quelle vere, quelle dove esce il peggio delle persone, nascono in realtà quando tutto questo complesso storico di partiti, istituzioni e popolo viene rottamato e spazzato via, e al suo posto subentra una gelatina, l’attuale formicolio di outsider, cerchi magici, individui sparsi sorretti solo dalle proprie ambizioni, nonché istituzioni parlamentari ridotte a ‘bivacchi’ di nominati e fedelissimi (come prevede peraltro la riforma Costituzionale). Oggi tutti vogliono solo il consenso, solo voti, solo relazioni. Scompaiono gli alti profili e le argomentazioni pubbliche diventano raggelanti. I due maggiori partiti italiani si scontrano sulle piscine di Lodi, sulle municipalizzate di Livorno, sul teatro regio, sugli avvisi di garanzia, sulle inchieste, e dimenticano il senso più alto del loro ruolo. Che non è quello di contendersi voti a colpi di contumelie e reciproche accuse su chi è più ladro o più democratico, ma quello di governare il Paese nel nome della giustizia e dell’equità.