Fonte: facebook
di Michele Prospero – 12 marzo 2014
Qualcuno dice che alla forma verbale che in sé resta poco digeribile, Renzi unisce ormai una sostanza che pare sempre più di sinistra e colorata di rosso. A parte che i confusi contenuti trasmessi in diretta da quasi tutte le Tv (tanto per dire del clima conformistico che circonda il novello statista di Rignano) non esistono ancora se non nelle ambigue vesti di generici annunci, privi del supporto di reali decisioni normative. Non si capisce perché la esibizione di un capo di governo che si mostra al pubblico con quei modi espressivi esageratamente ruffiani e con quei mezzucci persuasivi propri di un televenditore d’altri tempi (“vendesi auto quasi nuova, colore blu”) debba essere considerata come un semplice accessorio, un indizio poco rilevante ai fini di un puntuale giudizio politico.
Una forma leggera che assume immagini e metafore non accettabili (“venghino siori, venghino”) è di per sé la maschera di un contenuto politico poco accettabile. Spesso il contenuto in politica è proprio la forma che si conferisce all’agire, il modo espressivo che si attribuisce alla comunicazione con gli altri. Nei modi dell’imbonitore, nelle forme della chiacchiera che scorre senza argini e privo del senso del limite (“E io pago”), nell’infinito flusso verbale del battutista che non entra nel merito dei problemi e gioca senza inibizioni, nell’intrattenimento che scade in raffiche di battute continue, è racchiusa tutta una politica. Una politica decaduta. Per Renzi la politica è nient’altro che un gioco divertente condotto con slogan pubblicitari (“fondi per non andare al fondo”). Con miracoli messi in scena solo per ottenere la passivizzazione del pubblico distratto, egli persegue la seduzione nichilistica di un corpo elettorale destinato all’irrilevanza e quindi fatto oggetto di palesi strategie di depistaggio cognitivo.
Con la cura del marketing prescritta dal sempre ridens Renzi, della sinistra non ci sarà più traccia. Scompare con le sue ingannevoli trovate pubblicitarie ogni ricordo della politica declinata come seria analisi, vissuta come passione contagiosa, assunta come fermo principio di realtà. La politica ridotta ad astute tecniche multimediali di televendita (“cento giorni” assunti come tempo mitico per realizzare a ritmo incalzante delle rivoluzioni epocali) è la fine di ogni funzione critica, cioè è il suicidio della sinistra come si è sempre configurata in occidente. Il cittadino decade a puro spettatore di un gioco magico (“prendete questa data”) che affida al capo politico il compito di attestare una buona volta che nel mondo tutto è straordinariamente semplice e che dietro lo specchio delle apparenze non c’è proprio nulla da capire. Rimane solo il disvelamento ludico ottenuto attraverso il divertente eloquio del leader che esorcizza la crisi (“Pronti, si parte!”) e pare ballerino sui numeri, sulle coperture, sulla grammatica (nei suoi grafici è scritto leggge con tre g).
C’è poco da stare sereni in questo mondo ridotto a favola perché anche nel paradisiaco universo fiabesco narrato dall’inquilino di Palazzo Chigi, con il supporto delle innocenti slide, affiorano i volti di brutti nemici: i disfattisti, i rosiconi, i gufi li chiama Renzi. E sono proprio loro destinati ad essere travolti dal capo giocoso che con giri di parole (“la svolta buona”) crede di incassare vittorie una dopo l’altra (conta già di essere sul 2 a zero). Alla promessa di una manciata di euro in più rispetto a quelli offerti da Letta, si accompagnano gigantesche catene di mistificazione (“una casa per tutti”) che alla lunga occulteranno la coscienza, piegheranno la testarda volontà di capire le cose.
Nello scambio per ora solo virtuale tra qualche euro in più (tanto per pagare la novella tasi e rimediare ai tagli dei servizi) e la rinuncia alla politica come costruzione del cambiamento possibile, una sinistra con un pizzico di senso della storia non dovrebbe mostrare alcuna esitazione nello scegliere da che parte stare. Contro la degenerazione estrema della forma politica (davvero la politica di governo ridotta a prolungata recita carnevalesca dinanzi ai media unificati rimarrà esente da pesanti costi economici?) non rimane che una lotta di lunga durata che ridefinisca con pazienza i fondamenti culturali dell’agire politico. Il dovere degli sconfitti è anzitutto tornare a pensare.